mercoledì 26 novembre 2008

Il New Italian Epic: un nuovo approccio


Con colpevole ritardo di alcuni mesi, mi unisco anch'io al dibattito che scuote il mondo culturale italiano, dopo l'apparizione in maggio del saggio critico di Wu Ming sul NIE: New Italian Epic.

Ho aspettato a lungo, ho ascoltato i diversi pareri pro e contro la teorizzazione di questo nuovo filone della letteratura italiana; mi sono appassionato alle discussioni su allegoria e allegoritmo, su ironia sì/ironia no, ho palpitato davanti al dilemma se si tratta di critica letteraria o autopromozione; alla fine ho deciso di parlare.

Vi dirò che ne penso.

Il mio parere, in verità, è molto articolato e necessiterebbe di un saggio lungo almeno il doppio. A ben vedere, però, si può provare a riassumerlo.

Più esattamente, con un'unica eloquente e splendida parola (moderna? post-moderna? epica? new-epica? post-epica? fate voi).

E la parola è:

sticazzi.

giovedì 20 novembre 2008

Le interviste delle Rane / Jim Morrison


James Douglas Morrison detto Jim, classe 1943, cantante, scrittore e poeta. Ufficialmente morto a Parigi nel 1971. Caro Morrison, sono molto lieto che abbia acconsentito a questo incontro, quindi vorrei subito tagliare la testa al toro: una volta per tutte, lei è morto sì o no?

No. E' ora di dire la verità. E' stata tutta una montatura. Quello che è stato trovato nell'albergo non ero io, ma un barbone vagamente somigliante a Val Kilmer, che avevo trovato morto per strada.

Le capita spesso di trovare morti per strada?

Ai bohemien capita questo e altro.

Capisco. E qual è il motivo di questa messinscena? Perché una rockstar mondiale a un certo punto decide di farsi credere morto?

Perché il mio idolo era Rimbaud.

Prego?

Rimbaud. Il ragazzino francese, quello che scarabocchiava le prime cose che gli venivano in mente sotto il laudano ed era diventato famoso solo perché andava a letto con uno importante.

Continui, la prego.

Ecco, lui non aveva nemmeno che 18 anni che si è reso conto che forse la gente lo stava prendendo troppo sul serio. Allora ha lasciato la poesia e si è trovato un lavoro da cristiani normali. Io che sono un po' più lento, ci ho messo 27 anni. Sta di fatto che una mattina mi sono svegliato, mi sono guardato nello specchio e ho pensato: ma quali lucertole? Ma quali uragani? Ma vaffanculo, va'!

E dove vive da quel momento?

Su un'isola tropicale. E' una specie di rifugio per celebrità in fuga. Sono qui in un villaggio tipo Club Med in compagnia di John Lennon, Janis Joplin, Jimi Hendrix, Marylin Monroe, Adolf Hitler, Elvis Presley e Massimo Palanca.

E come passa le giornate?

Oh, in vario modo. Gioco a freccette, biliardo, organizzo falò sulla spiaggia.

Musica niente?

Nella maniera più assoluta. Appena sento una sola nota di organo mi viene l'orticaria.

Senta, e perché si è deciso a parlare soltanto adesso?

Il motivo è semplice. Voglio lanciare un appello al mondo.

Pace, amore, non fate la guerra, passate dall'altra parte etc. etc.?

Niente di tutto questo. Il punto è che stiamo cercando una nuova isola e siamo disposti a valutare delle offerte, purché ragionevoli.

Il motivo?

Be', per 40 anni siamo stati in santa pace nel nostro isolamento. Poi un giorno sono comparse delle navi all'orizzonte, e degli elicotteri occupavano il cielo. Sembrava lo sbarco in Normandia. Solo che invece dei marines sono arrivati sulla spiaggia Massimo Ciavarro, Flavia Vento e Vladimir Luxuria. Hai voglia a dirgli che quest'isola era per gente famosa, non se ne sono voluti andare. E così ci hanno rovinato la pace: non si può più fare nemmeno una grigliata in spiaggia senza sentire queste oche sconosciute che bisticciano tutto il tempo.

Ha tutta la mia solidarietà. E giro volentieri l'invito a chi possiede un'isola tropicale. Morrison, la ringrazio sinceramente di questo incontro. Prima di lasciarci, ha un altro messaggio da mandare al mondo?

Sì. Sono decenni che vorrei precisare una cosa. Care adolescenti che scrivete le citazioni dei cantanti sulla Smemoranda con le penne colorate: i versi "you may say I'm a dreamer / but I'm not the only one" non li ho scritti io. Ripeto: N-O-N L-I H-O S-C-R-I-T-T-I I-O. Siete pregate di cambiare il nome sotto la citazione.

Mi sembra giusto. Arrivederla, dunque, e mi saluti Flavia Vento.

Senz'altro. E' stato un piacere.

mercoledì 19 novembre 2008

Annuncio di lavoro


AMOBOSESSI giovani, dinamici e proattivi cercarsi per periodo di stage non retribuito presso filiale di azienda con esperienza pluriennale nel campo dell'amministrazione pubblica.

Il nostro candidato ideale è incensurato, nutre interesse per le tematiche del sociale e ha commesso prima del periodo di prescrizione almeno uno dei seguenti reati: falso in bilancio, reati ambientali, peculato semplice, usura impropria, appropriazione indebita, frode informatica, truffa, corruzione di minorenne, frode nell’esercizio del commercio, persecuzioni insistenti e violente.

Per candidarsi commettere il reato e costituirsi all'indirizzo alfano_a@camera.it.


(non ci credete? leggete qui)

sabato 15 novembre 2008

Annullate le firme del V2-Day


Qualche mese fa in questo post vi avevo parlato dei motivi chiari per cui la Corte di Cassazione si sarebbe vista costretta a giudicare nulle le firme per i referendum indetti da Beppe Grillo durante il V2-Day.

Puntuale, qualche giorno fa è venuta la decisione delle Corte di non accettare le firme.

Ci voleva la bacchetta magica? No, bastava informarsi. E verificare l'esattezza delle informazioni, senza fidarsi alla cieca solo perché ci sta simpatico quello che ce le ha passate.

Devo dire che l'atteggiamento di Grillo mi ha spiazzato. In questo post del suo blog ha dichiarato di rimettersi alla decisione della Corte, solo ribadendo che secondo lui le firme erano valide. Ma non ha spiegato perché e percome. Punto. Fine nello spazio di una frasetta. I giudici della Corte avranno tirato un sospiro di sollievo: in altri tempi ne sarebbero usciti con epiteti tipo "quegli idioti pieni di merda della Corte di Cazzazione"...

Certo, magari sarebbe stato difficile spiegare la verità alle migliaia di persone che hanno firmato: e cioè che le elezioni anticipate avevano di fatto reso impossibile la raccolta firme, ma si era deciso di procedere ugualmente per non perdere la faccia. Prendendo per il culo una consistente fetta della cittadinanza.

Quello che colpisce di più, ora, è proprio l'atteggiamento dei firmatari. Scorrete i commenti al post citato, troverete un po' di tutto. I più accorti se la prendono con lui: ma come, hai commesso delle irregolarità e non ci hai detto niente?
Ma il commento più ricorrente è: Beppe, ci hai deluso, non puoi accettare così serenamente questo verdetto. La Piazza, cioè, è delusa dall'insolita signorilità di Grillo: sospetta il boicottaggio,vorrebbe il solito feroce attacco al Nemico, chiede la ribellione, qualcuno - e non sembra ironico - invoca la marcia su Roma.

Tutto questo mi ricorda quei genitori che ricorrono al Tar appena il figliolo viene bocciato. Se il piccolo Gianfilippo non studia, la colpa dev'essere del professore che l'ha preso in antipatia.

Allora ho ragione o no quando dico che i problemi dell'Italia sono della società intera, e non solo della classe dirigente?

I furbi che cavalcano quest'onda per il proprio tornaconto sono solo la punta dell'iceberg. Dietro, ci sono le colpe di tutti noi.

giovedì 13 novembre 2008

Buon compleanno Trabant


Le Edizioni Trabant festeggiano un anno di vita.

Questo è il link all'articolo schifosamente autocelebrativo che ho scritto per il Refuso.

Fateci gli auguri.
Non fiori, ma opere di bene...


p.s. per la cronaca quello nell'immagine è il modellino 1:43 che tengo sempre sulla scrivania, comprato anni e anni fa in un negozio di giocattoli in Transilvania...

mercoledì 5 novembre 2008

Deja vu



Riporto testualmente dal Corriere della Sera:

«Ho avuto l'onore di congratularmi con il senatore Obama, che questa notte è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti»: con queste parole il candidato repubblicano, John McCain, ha salutato da Phoenix i suoi sostenitori. (...) McCain ha lodato «l'uomo che era il mio avversario e che ora sarà il mio presidente», chiedendo in più occasioni ai suoi sostenitori di non fischiarlo con un semplice «per piacere». Il senatore dell’Arizona ha sottolineato che Obama «ha raggiunto un grandioso risultato», per se stesso e per il Paese.

E io che stavo lì a gingillarmi e tentare di capire cosa tutto questo mi riportasse alla memoria.

Poi ci sono arrivato.

La reazione di Berlusconi alla vittoria di Prodi del 2006!
O sono io che ricordo male?

giovedì 30 ottobre 2008

La nuova frontiera del social network


Condividere: è l'ossessione dell'uomo contemporaneo.

Il cittadino 2.0 passa metà del suo tempo a trovare modi per mettere in comune la sua vita con milioni di conosciuti, semi-sconosciuti e (più che altro) sconosciuti. Gran parte del traffico in rete è occupato da liste di amici, foto di vacanze, dischi preferiti, citazioni preferite, tecniche di abigeato preferite.

Roba da ragazzini?

Un recente studio sociologico ha mostrato che la maggior parte degli utenti di Facebook ha tra i 30 e i 40 anni: chi si iscrive è, in media, un adulto fresco di adultità alla ricerca di compagni di scuola e vecchi amici persi per strada.

Be', il discorso fila.
Prendiamo un soggetto medio che chiameremo Filippo. Mettiamo che sia nato nella prima metà degli anni '70. Per i primi dieci anni di vita il massimo della tecnologia che ha toccato sono stati i mangiadischi arancioni e le etichettatrici a rotella. Poi, nei primi anni '80 sono arrivati i personal computer e Filippo ha iniziato a divertirsi con il Basic e i videogiochi a 320x200 pixel (tre colori). All'epoca condividere significava scambiarsi le musicassette coi programmi del Commodre 64; al massimo prestarsi qualche vinile.

Negli anni '90 sono avvenute due cose importanti: 1) Filippo si è diplomato ed è andato a vivere fuori casa; 2) ha cominciato a diffondersi internet.

Ma le due non sono avvenute proprio contemporaneamente: quando Filippo ha lasciato i compagni di scuola non si usava ancora l'email, e quando si è fatto il primo indirizzo hotmail non aveva più modo di avere il contatto degli amici perdutisi nella vita.

E qui arriviamo all'indomani del 2000. Filippo ormai è un cibernauta che consulta wikipedia anche per controllare che tempo fa fuori della sua finestra; ma gli amici che fine hanno fatto? Ecco che il web 2.0 gli viene in aiuto.

Il nostro si iscrive a Facebook e passa le ore a gingillarsi col motore di ricerca, mettendo quanti più nomi e cognomi riesce a recuperare dalla memoria. E li trova: guarda quello stronzo, come è invecchiato! Naaa, quello senza capelli! E lei, che era una cozza, eccola fotografata in abito da sera mentre si accompagna a un figone in smoking!

Insomma, un servizio di pubblica utilità al servizio di una precisa generazione.

Ma che succederà quando Filippo crescerà ulteriormente? Cambieranno le sue esigenze.

Ecco perché siamo qui a proporre un nuovo social network per gli anziani di domani. Naturalmente, non potrà essere realizzato prima di 30-40 anni, quando cioè i nostri filippo avranno passato i sessanta.

Il concetto guida è quello di ispirarsi a facebook adattandolo, però, alla differente condizione del cibernauta di terza età. Facebook non fa che tradurre in linguaggio telematico gli annuari del college con le foto degli studenti; noi intendiamo proporre la stessa operazione con gli annunci mortuari affissi per strada.

Ecco nascere Gravebook: condividi i tuoi amici defunti!

Iscriviti gratuitamente e potrai scoprire quanti e quali dei tuoi vecchi compagni di scuola sono andati beatamente al Creatore! Compila la tua lista di amichetti trapassati e mettila in condivisione col mondo intero! Una volta iscritto, potrai usufruire di un potente motore per effettuare le più precise ricerche per tipo di trapasso: tumore, infarto, incidente d'auto o moglie impazzita.

Gravebook ti permette di aprire e condividere il tuo mondo con gli altri. Prima che sia troppo tardi.

Che dite? Si potrebbe fare?

giovedì 23 ottobre 2008

Continua l'arroganza delle Toghe Rosse: ora decidono pure i nomi dei vostri figli


E' successo a Genova. Una giovane coppia è stata costretta dalla Corte di Cassazione a cambiare il nome del figlio primogenito, appena battezzato Venerdì.

I giudici hanno spiegato che intendono imporsi per evitare che siano messi ai figli nomi ridicoli, tali da provocare umiliazioni e scherno. I due sposi hanno avuto un bel da ribattere che nessuno ha impedito a Totti di chiamare la figlia Chanel e alla Borromeo di mettere al mondo una Oceano.

Tutto inutile: il nome "Venerdì", hanno spiegato i giudici, è secondo loro «in grado di arrecare un grave nocumento alla persona che lo porta» per il richiamo al nome del compagno di sventura di Robinson Crusoe (il romanzo di Daniel Defoe), «figura umana caratterizzata dalla sudditanza e dalla inferiorità che non raggiungerebbe mai la condizione di uomo civilizzato».

Cacchio, tutto questo mi mette nei guai.

Quindi devo rinunciare all'idea di chiamare mio figlio Pappalardo?

mercoledì 15 ottobre 2008

Le figurine più brutte della storia


L’anno che volge al termine è stato il trentesimo anniversario dei Mondiali 1978.

In Argentina è fioccato un acceso dibattito su come guardare oggi a quell’evento sportivo. All’epoca infatti la giunta militare che aveva da poco preso il potere strumentalizzò a fondo la vittoria dei padroni di casa. Oggi ci si chiede: era giusto o meno giocare a calcio mentre centinaia di persone venivano torturate e uccise? E i calciatori dell’Argentina che hanno ricevuto la coppa dalle mani del presidente si possono considerare complici della dittatura?

Questioni amletiche. Io, che sono più frivolo, mi sono posto un altro problema: perché i Mondiali di Argentina 78 sono da considerare quelli a cui hanno partecipato i giocatori più brutti a memoria d'uomo?

Siete invitati a contribuire alla discussione: parteciperete all’estrazione del vhs “I migliori gol di Beniamino Vignola”.

giovedì 9 ottobre 2008

Associazioni di pensiero

Tempo fa è morto Paul Newman.

Le più sentite condoglianze. Ma perché quando ho sentito la notizia la prima cosa a cui ho pensato è stato questo video?

lunedì 6 ottobre 2008

La triste pensione di Varenne


Quando Varenne, il leggendario cavallo da corsa, si è ritirato (leggi: è stato ritirato) dall'attività agonistica, tra di noi sono fioccate a valanga le battutine, le strizzate d'occhio, i colpi di gomito. E già, perché si sapeva che il destino avrebbe atteso il quadrupede per una pensione da stallone. Vale a dire passare gli ultimi anni della sua esistenza a generare futuri (si spera) campioni come lui.

Una sorta di paradiso islamico? E invece no.

Tempo fa il Corriere della Sera, in vena di grandi scoop, si è preso la briga di mandare un inviato in Svezia a curiosare sulla vita del cavallo. E ha fatto una scoperta spiacevole.

Chi se lo aspettava adagiato su cuscini di Persia, mentre leggiadre puledre gli porgono il narghilè accarezzandogli la criniera, rimarrà deluso. La faccenda è molto più semplice: tre volte la settimana il nostro viene portato in un'arida stalla con le luci al neon, dove è incaricato di copulare con un attrezzo artificiale dalla vaga forma cavallina, fatto di lamiere rivestite di cuoio. Insomma, fare lo stallone non ha nulla in sé di affascinante: consiste nell'ingropparsi una specie di sagoma.

Il padrone gongola: a ogni cucciolo che nasce – ovviamente con l'inseminazione artificiale – incassa 15.000 euro.

Ma a sentire lui, neanche Varenne si lamenta. “Abbiamo anche il suo avversario storico, Viking Kronos,” ha detto “che ci fa dannare, si distrae, a volte s'impunta e non entra nel box, perché non gli piace ingravidare le sagome. Varenne, no”.

Contento lui...

sabato 27 settembre 2008

Fenomenologia di José Mourinho


Mourinho non è soltanto il nuovo allenatore dell’Inter: è la cartina al tornasole di un intero popolo. Attraverso di lui possiamo comprendere tante cose sul carattere degli italiani.

Per esempio l’esterofilia. L’italiano è stato abituato per secoli a essere lo sventurato abitante di una terra lunga e stretta per cui scorrazzavano gli eserciti di mezzo mondo. Cinesi a parte, credo che tutti ci abbiano invaso prima o poi (ma recentemente si sta colmando anche questa lacuna).
Il contadino italico viveva dunque una vita che sapeva periodicamente soggetta all’arrivo improvviso e immotivato di soldati con altri abiti e altre lingue che avrebbero distrutto tutto quello che trovavano sul loro cammino. Cosa poteva fare, in quei casi? Barricarsi in casa, mettere il chiavistello e sperare che arrivasse presto un altro esercito straniero a liberarlo dal precedente. Si capirà, in queste condizioni è ovvio che l’italiano abbia maturato una visione dello straniero come un qualcosa di magico e provvidenziale: arrivano non i nostri, ma i loro.
D’altra parte Garibaldi ha fatto l’Italia con uno stato maggiore dai nomi Eber, Turr, Rustow e persino la capo infermiera si chiamava White. I Borbonici, per non essere da meno, hanno commissionato la strategia a un generale francese.

E così per il calcio. In Italia gli allenatori si dividono sostanzialmente in due categorie. Da una parte ci sono gli autoctoni: generaloni tutti d’un pezzo per strane ragioni strappati alla zappa, a disagio nella giacca e cravatta e le cui mani ti immagini profumare d’aglio; di quelli come Nereo Rocco, la cui filosofia è “colpisci tutto quello che si muove sull’erbetta, se è il pallone tanto meglio”. Poca tattica, tanto cuore e fiato. Strategia: 2-3 campioni in squadra e per il resto “sette asini che corrono”. Insomma, gli allenatori pane e salame, con una felice definizione coniata a suo tempo per Cesare Maldini.

E poi ci sono i Profeti.
Già il fatto che l’allenatore straniero venga di solito designato con un termine biblico la dice lunga. Generalmente il profeta proviene da un campionato straniero di quelli in cui gli avversari non schierano la difesa, e ha vinto sette campionati di fila giocando con il 2-3-5. Viene ingaggiato a peso d’oro da uno di quei presidenti a cui piace tanto buttare i soldi dalla finestra (niente nomi). Scende dall’aereo e nella prima conferenza stampa annuncia che giocherà con una tattica suicida e promette vittoria certa.
Il tifoso italiano già davanti a questo spettacolo si scioglie di ammirazione. Del profeta ammira il coraggio: uno, perché non gioca col catenaccio, due, perché non è scaramantico come gli allenatori pane e salame, i quali anche alla penultima giornata con 18 punti di vantaggio dicono che la palla è rotonda e le partite durano 90 minuti. In più c’è l’accento: l’italiano medio, messo di fronte a uno straniero che cerca goffamente di parlare la nostra lingua, per motivi imponderabili si intenerisce. Accade con le veline, accade anche con gli allenatori.

Va da sé che poi il successo del Profeta è sempre un rebus. Può essere un vincente come Helenio Herrera, e allora ricevere soprannomi magniloquenti con Il Mago; oppure rivelarsi un mezzo psicopatico come il quasi omonimo Heriberto Herrera, che faceva allenare i giocatori con le incudini ai piedi per abituarli alla fatica...

E tutto questo sta capitando a José Mourinho in questi giorni. Ci vorrebbe uno studio di sociologia per spiegare il comportamento dei giornalisti italiani, che nei suoi confronti si comportano come i genitori con il figlio di sei mesi: qualunque cosa faccia, anche la più banale, viene vista come un prodigio. “Guarda, ha sorriso!
Da che arrivato in Italia, non c’è giorno che la stampa non produca dei reportagi sensazionalistici con notizie strabilianti come: “Mourinho fa allenare i giocatori con la palla”; “Mourinho schiera tre punte”; “Mourinho usa le lavagnette”; “Mourinho porta la cravatta”; “Oggi Mourinho ha fatto colazione”.

La novità, semmai, è che questa volta stanno cominciando a spazientirsi i colleghi nostrani. Invidia? Può darsi. Se uno e uno solo è lo Special One (perché questa sarebbe la traduzione più esatta: l’unico davvero speciale), tutti gli altri che fine fanno? Avessero mai dedicato tante attenzioni ad allenatori italiani che hanno in bacheca il doppio dei suoi trofei. E siccome il nostro non è esattamente un mostro di diplomazia, fioccano le frecciate, i litigi a distanza, addirittura le quasi denunce. E’ riuscito a scazzottarsi con quel (finto?) mostro di fair play di Ranieri; ha suscitato le dichiarazioni sarcastiche sul suo conto dell’Orsone Ancelotti; ha indispettito Zenga; e c’è quel famoso dirigente del Catania che ha dichiarato che vorrebbe tanto “bastonarlo sui denti”.

Adesso i casi sono due. O Mourinho vince il campionato infilando 45 vittorie di fila; e allora diventerà un Eroe Nazionale, l’ennesimo di importazione, con tanto di piazze intitolate e italici bimbi battezzati José.
Oppure farà la triste fine dei profeti fuori patria, costretto ad abbandonare il Belpaese tra i fischi di quelli stessi che lo incensavano. Non prima, però, di aver litigato anche con Spalletti, Delio Rossi, il presidente Napolitano e Padre Pio.

martedì 23 settembre 2008

Le Edizioni Trabant nel Regno della Mafia

Per la serie "le marchette di Zeni", eccomi puntuale come la morte a segnalarvi la nuova uscita per le Edizioni Trabant.

Palermo, 1893: durante un viaggio in treno viene ucciso il commendator Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Parlermo ed ex direttore del Banco di Sicilia. Il processo contro i presunti responsabili va avanti per molti anni, fino a concludersi nel 1904 con l’assoluzione piena per un vizio di forma. Nel frattempo, l’Italia assiste a una serie mai vista di reticenze, corruzione e insabbiamento di prove: per la prima volta l’opinione pubblica del nostro paese conosce l’esistenza della mafia.

Partendo da questa vicenda, Napoleone Colajanni, deputato al Parlamento, nel 1900 scrive un breve saggio per spiegare cosa è la mafia e ricostruirne le origini. E già che c'è punta il dito non soltanto contro la malavita organizzata, ma anche contro secoli di malgoverno che l’hanno ignorata o addirittura incoraggiata. Perché, come scrive nelle ultime pagine, "per combattere e distrurre il regno della Mafia è necessario, è indispensabile che il governo italiano cessi di essere il Re della Mafia”.

Lo consiglio davvero: a me personalmente ha stupito e turbato anche un po', se non altro per il fatto che ha più di cento anni ma potrebbe essere stato scritto ieri. Insomma, gente: nulla è mai veramente cambiato.

Tra l'altro devo ringraziare questo signore se ho conosciuto l'opera, e consiglio caldamente anche i suoi romanzi.

E cos'altro da dire? Dal momento che non sono Saviano, da domani il blog scompare, cambio nome e se mi chiedete io non c'ero e non ho visto nulla...

Napoleone Colajanni, Nel Regno della Mafia, scaricabile gratuitamente da qui.

venerdì 19 settembre 2008

2008: Odissea sopra il Lazio


Avvertenza: siccome ultimamente sono pigro, ho deciso di aprire una rubrica per riportare alcuni post del vecchio blog Saturnalia, tanto il sito non è più accessibile e non se lo leggeva nessuno; quindi pochi avranno un senso di deja-vu. Questo è addirittura il primo in assoluto, credo del settembre 2006. Perciò se vi sembrano strani i riferimenti politici, ebbene sì: due anni fa in Italia c'era Prodi al governo. E scusatemi per avervelo ricordato.


L’altro giorno, complice un orribile pellicola vista in televisione, stavo pensando a come potrebbe essere il soggetto di un film catastrofico in salsa italiana.

Allora: anno 2008. Alcuni inquietanti fenomeni iniziano a manifestarsi nel nostro Belpaese. Fulmini di proporzioni bibliche tempestano le città portando la distruzione; maree inaspettate mangiano metri di costa; incendi scoppiano a ripetizione. Il 3 agosto un gigantesco terremoto distrugge il Colosseo, e due giorni dopo una tempesta elettrica fa letteralmente esplodere la Torre di Pisa. Fino a questo momento i cittadini italiani sono perplessi ma tutto sommato disciplinati. Quando però si iniziano ad avere seri problemi con le linee dei telefoni mobili, la gente inferocita reclama che si indaghi sulle cause di tanta catastrofe.
Il governo, allora, riceve un’informativa riservata del Sismi che individua l’origine delle anomalie in una variazione del campo magnetico di origine astronomica. Si decide perciò di ricorrere alla consulenza del massimo esperto italiano in materia.

Stacco: Università di *** (la città rimane generica per evitare denunce). Due scorbutici agenti del Sismi sono in missione per prelevare in gran segreto il Professor ***, docente di Astrofisica. E’ giorno di ricevimento studenti, e i due contano di risolvere la questione in pochi minuti, sedare il professore, caricarlo in macchina e lasciare che si risvegli in una base segreta in mezzo al deserto (cioè dalle parti di Manfredonia).
Ma del Professore non c’è traccia. Al suo posto, gli studenti sono ricevuti da un paio di assistenti di quarant’anni, precari senza contratto dal giorno della laurea. Da un breve giro di domande si apprende che il professore non c’è mai, che l’ultima volta che è stato avvistato in facoltà è stato alla terz’ultima lezione dell’anno accademico precedente, che lezioni ed esami sono fatte tutte dagli assistenti e forse anche - si vocifera - i libri che l’hanno reso famoso. Dopo una ricerca faticosa si apprende che forse in quel momento si trova a Parigi per un convegno sui Quasar.
Stacco: Parigi. I due agenti del Sismi trovano finalmente il professore, impegnato in una cena a base di ostriche in un ristorantino sul lungosenna, in compagnia di due signorine dalla non comprovata moralità. Due battone, verrà precisato nel rapporto. Con una mossa rapida, gli agenti lo immobilizzano e rapiscono.

Il professore si risveglia nella base segreta “Gassmann” di Manfredonia, dove incontra il Generale ***, responsabile del Progetto SMS. Dopo un iniziale momento di smarrimento, gli viene esposto il problema e il professore accetta di aiutare lo Stato, dopo aver concordato un adeguato compenso. La sua diagnosi è spietata: un gigantesco asteroide sta puntando verso Roma ed è già talmente vicino da scombussolare tutti i fenomeni fisici sul nostro Paese. Il Generale, da buon militare, intravede subito la soluzione: bombardare l’asteroide con un missile ad alta precisione. Perciò, con non poco eroismo, si offre volontario per chiamare gli Americani e chiedere loro di distruggercelo. Ma il professore scuote la testa: non servirebbe a nulla. L’unica speranza è fare arrivare un’astronave sull’asteroide e piazzare direttamente sul posto delle cariche atomiche.
Un’impresa richiosa e dall’esito incerto che richiede alta tecnologia e un manipolo di eroi.

Il primo problema è come arrivare in tempo sull’asteroide. C’è bisogno di un’astronave che raggiunga velocità mai pensate prima. A quel punto il professore si ricorda di un suo vecchio allievo che a suo tempo aveva teorizzato un razzo simile, ma era stato accolto con scetticismo dall’ambiente accademico. Alla fine, stufo di non riuscire mai a vincere un dottorato, si era trasferito negli Stati Uniti, dove in due mesi era diventato docente emerito del Massachusets Institute of Technology. Contattato, si dice disponibile ma dichiara che occorrerebbero dieci anni per sviluppare il progetto. “Di cosa ha bisogno per costruirla in due settimane?” chiede il Generale. “Di un miliardo di euro” risponde. “Li avrà”.
Il secondo inconveniente è trovare le testate atomiche. Dopo aver ricevuto il rifiuto dei Francesi, si decide di ricorrere agli Iraniani, sperando in uno sconto in nome della vecchia amicizia degli anni ’80, quando vendevamo loro mine antiuomo. Ma la cifra richiesta è comunque elevatissima: svariati miliardi.
Poi occorre trovare gli intrepidi che saliranno a bordo dell’astronave. Uno è il suo costruttore, per ovvi motivi. Il secondo è il Professore, per esigenze cinematografiche, benché, a differenza dei suoi omologhi palestrati dei film americani, lui sia un cinquantenne con la pancetta. Per ultimo c’è bisogno di una bellona, che si vorrebbe individuare in una ambiziosa pilotessa dell’Aeronautica, distintasi più volte all’Accademia. Ma alla fine prevale la linea del Generale, che ha una nipote dalle gambe di 2 metri con il sogno di sfondare nel mondo dello spettacolo.
Riempiti tutti i tasselli, viene sottoposto il piano al Governo, che a sua volta dovrà richiedere al Parlamento il finanziamento della missione.

E qui emergono le maggiori difficoltà. L’opposizione non sarebbe pregiudizialmente contraria all’idea di salvare l’Italia, però ha promesso ostracismo ad oltranza, e così il primo giorno di votazione presenta 6.789 emendamenti. Berlusconi dichiara che è ora che la sinistra la pianti di dire sempre che va tutto male e che addirittura rischiamo la distruzione completa; su Libero, Vittorio Feltri inveisce contro i bamba che abboccano a tutte le panzane raccontate dal Soviet Supremo; Paolo Guzzanti rivela che il piano proposto dal governo non è altro che la riedizione di un vecchio piano ideato da Cossutta nel ’54, con Berlino Ovest al posto dell’asteroide; Giuliano Ferrara, da par suo, ironizza sul fastidoso buonismo di voler salvare il mondo. Ma anche all’interno della maggioranza non tutti sono d’accordo. I Verdi si dicono scandalizzati all’idea che l’Italia si doti di armi nucleari, e promettono di boicottare un atto invasivo che provocherebbe scompiglio nell’equilibrio della natura. Viene presto lanciata l’iniziativa “Adotta un Asteroide” e migliaia di email chiedono di risparmiare l’esistenza del tenero corpo celeste. L’ala dura di Rifondazione, da parte sua, fa sapere che non darà mai il suo assenso all’ennesima azione di guerra mascherata da scopi umanitari, e propone di risolvere il problema dell’asteroide per vie diplomatiche. Vengono indette decine di manifestazioni con lo slogan “Bandiamo la Guerra dallo Spazio!” e al telegiornale Vittorio Agnoletto dichiara che se ci fosse giustizia sociale non ci sarebbero rischi di disastri cosmici. Sui giornali della sinistra, intanto, si dibatte ferocemente se sia lecito o meno utilizzare a proposito dell’asteroide il termine resistenza. In questo marasma i Radicali, indecisi su quale posizione assumere, nel dubbio indicono un grande sciopero della fame, senza specificare perché e con quali richieste; ma poco importa, visto che nessun quotidiano riporta la notizia, a parte un trafiletto su Molise Oggi.
Alla fine Prodi decide di ricorrere al consueto trucchetto della fiducia parlamentare. Il provvedimento, in questo modo, riesce a passare nel corso di una furiosa seduta al Senato durante la quale Renato Schifani si dà fuoco per protestare contro il Colpo di Stato comunista. Gli altri parlamentari, appena si accorgono del gesto sconsiderato, circondano il senatore e gettano sopra di lui tutto quello che trovano: fiammiferi, bottiglie di vino, qualunque cosa possa alimentare il fuoco.

E’ finalmente tutto pronto. I tre eroi sono in un hangar in attesa di salire sull’astronave che li porterà a salvare il loro Paese.
Pronti, partenza, via. Il missile sfreccia verso lo spazio, avanza veloce fra le nuvole, supera la ionosfera, la stratosfera e altri innumerevoli composti della parola -sfera, poi perde quota e si schianta su Milano, distruggendola. Poco male, è il 15 agosto e la città è deserta: non muore nessuno. Ma la missione è fallita.
Una rapida inchiesta accerterà che i soldi effettivamente erogati per la costruzione dell’astronave erano meno di un quinto di quelli stanziati dal governo. Il resto è finito nelle tasche di chissà chi. Il risultato è che le pareti esterne del razzo erano fatte di una sottile lamiera di alluminio per la conservazione dei cibi, volgarmente detto domopack; appena un poco più resistente dello sportello di una Panda, ma comunque insufficiente per andare nello spazio. Parte subito un’inchiesta nominata dai giornalisti Spaziopoli, e come al solito nessuno si prende la briga di spiegare che polis vuol dire città e non corruzione.
D’altra parte, nel corso dei primi interrogatori emerge che i calcoli del Professore erano totalmente sballati e, anche ammesso di raggiungere l’asteroide, le cariche nucleari non sarebbero state in grado di distruggerlo. Il professore, in realtà, era lo studente peggiore del suo corso, ma per motivi misteriosi aveva avuto a 23 anni una cattedra da ordinario di astrofisica.
La presenza di uno zio cardinale starebbe per chiarire meglio questo aspetto, ma il sopraggiungere dell’asteroide - di cui tutti, troppo presi dallo scandalo, si erano dimenticati - pone fine alle chiacchiere. L’impatto è apocalittico, e assieme a Roma viene completamente rasa al suolo l’intera penisola.
Del popolo italiano non resta così alcuna traccia, con sgomento e dolore del mondo intero, tranne i Francesi.

Titoli di coda.

martedì 16 settembre 2008

Nuova luce sulla crisi in Georgia


Metto le mani avanti: sono il primo a ritenere che quanto segue sia un falso. Tuttavia è mio dovere di cronista riportare il testo di un’intercettazione telefonica risalente a questa estate, in grado di fornire una nuova spiegazione alla crisi tra Russia e Georgia.

- Palazzo Chigi, buongiorno.
- Carissimo! Come stai?
- Ma chi parla?
- Sono io, Vladimir!
- Ah, ciao! Benone, e tu?
- Diciamo tra alti e bassi.
- Me lo chiedevo, sai? È da un po’ che non ti si vede più al Billionaire…
- Al Billionaire? Ma che stai dicendo?
- Non sei Vladimir Luxuria?
- No, sono Vladimir Putin! E tu non sei Silvio?
- No, sono Ignazio La Russa.
- Ci deve essere stato un equivoco. Silvio non c’è?
- No, è a Napoli. Era in programma un bagno di folla. Posso esserti utile in qualche modo?
- È che ho un problema e volevo un consiglio.
- Be’, se posso permettermi io…
- È questa maledetta Georgia che vuole entrare nella Nato. Non so proprio cosa fare.
- Be’, ecco… io quando ho un problema di solito mando i soldati.
- I soldati? Bella idea! Seguirò il tuo consiglio! Grazie mille, Ignazio!
- Ma figurati. Se non ci si aiuta fra di noi…

martedì 9 settembre 2008

L’estate sta finendo


Cari miei venticinque lettori (no, credo che ora siano diventati ventisei), eccomi di ritorno dopo un meritato riposo o black-out che dir si voglia.

Ho passato le vacanze alle Maldive. Spiaggia, mare, sole, italiani, era tutto perfetto. Sembrava di stare nel Salento, ma senza panini al cavallo. Tra l’altro mi è capitato di essere vicino di bungalow del ministro Frattini. Una persona squisita, davvero. Eravamo talmente entrati in confidenza che a un certo punto vengo a sapere che c’era una crisi internazionale in Georgia e ho pensato bene di farglielo sapere. Ma era sempre tutto il giorno in spiaggia, così gli ho lasciato un post-it sulla porta. Ma onestamente non sono ancora sicuro che qualcuno l’abbia avvertito. Ho cominciato a nutrire qualche dubbio quando al mio ritorno l’ho incontrato per strada. Ero dalle parti del Quadraro, quando mi si avvicina questa auto blu, abbassa il finestrino e dentro c’è Frattini che mi chiede: “Scusi, sa mica dov’è la Farnesina?”

Sia come sia, andiamo a riepilogare i principali avvenimenti di questa estate.

Cina. Grande successo delle Olimpiadi. Organizzazione perfetta, meno inquinamento del previsto e non si è visto in giro nemmeno un monaco tibetano. Qualcuno ha storto il naso accusando la giuria di essere troppo favorevole ai padroni di casa, e in effetti qualche sospetto viene, visto che nel medagliere la Cina risulta vincitrice anche in discipline di dubbia esistenza come il salto in lungo a ostacoli e il curling su prato. Ma sono soltanto illazioni.

L’Italia poteva fare meglio, ma si è tolta qualche soddisfazione. Grande commozione per il 15esimo oro olimpico consecutivo di Valentina Vezzali, festeggiata dal seguito dei suoi nipoti coi pronipoti in braccio. Stavolta la schermitrice, per rendere la cosa interessante, ha provato a combattere a testa in giù, bendata e con un asino schizofrenico legato alla schiena. Ma niente da fare: ha vinto ancora.
Un successo inaspettato, invece, nella marcia, dove ha trionfato l’italiano Friedriech Wissenpfappfel. “Io essere molto felice per fittoria ti oro olimpico” ha dichiarato l’atleta “und spezialmente per felicità ti mia krante patria”.

E veniamo alla politica interna. Il governo Berlusconi ha definitivamente risolto il problema della spazzatura a Napoli. In un primo momento si pensava di inviare l’esercito a ripulire tutto. Poi Brunetta ha suggerito di mandarci gli statali con la stella gialla sul cappotto. Alla fine si è scelta la soluzione più saggia: la monnezza è stata impacchettata e spedita a Mediaset, su esplicita richiesta di Maria De Filippi. Le sarà molto utile per il suo nuovo programma autunnale.

Intanto è proseguita la lenta agonia del Partito Democratico, ormai una cosa deforme alla deriva. Il più dispiaciuto è stato Landolfi del Pdl. “E dire che avevamo preparato un golpe per l’inverno” ha dichiarato “ma che gusto c’è senza opposizione? Abbiamo pure provato a stilare una lista di oppositori da rinchiudere nello Stadio Olimpico, ma non avremmo riempito nemmeno un’area di rigore. Che paese inutile”.

A proposito di golpe. Siamo tornati dalle vacanze e Ferrero è il nuovo segretario di Rifondazione Comunista. Una delle sue prime iniziative è stato fare una visita di cortesia alla redazione di Liberazione; il giorno dopo sul quotidiano si leggeva che Ferrero è sempre stato il segretario di Rifondazione sin dal 1948 e che in Puglia non esiste alcuna amministrazione regionale. Certo, qualcuno aveva sospettato qualcosa vedendo che il neo segretario era giunto in redazione a bordo di un tank sovietico del 1968. Ma tanto poco importa: nel giro di un paio di settimane l’organo ufficiale di Rifondazione è diventato Famiglia Cristiana

E per concludere, la più bella battuta di spirito dell’estate. Commentando l’invasione russa della Georgia, il presidente americano George Dàbliu Bush ha dichiarato: “Troviamo criminale questa ingiustificata invasione di uno stato sovrano”. Il vaffanculo partito in coro da Baghdad si è sentito fino in Cile.

giovedì 17 luglio 2008

Addio Trenitalia?

Bah. Sarà anche che sono un inguaribile romantico, ma a me ‘sta storia della nuova compagnia di trasporto su treno dispiace.

Non perché temo che non sia efficiente. Anzi. Per il motivo opposto. Sono convinto che saranno veloci, puntuali e pulitissimi. Ma allora che fine farà Trenitalia?

Spazzata via dalla modernità avanzante.

Che ne sarà del capotreno che ti annuncia un ritardo di 29,59 minuti (avete capito perché...) ? Dei cuccettisti napoletani che si fermano a scherzare con te e fanno gli scemi con le ragazze? Della presa elettrica che non funziona, il riscaldamento eccessivo, e quei tavolini fini, tanto stretti al punto che mi immaginavo un embolo?

Dopo otto ore così il passeggero sfinito immancabilmente attaccava bottone col vicino lamentandosi del servizio Trenitalia. E così fioccavano le amicizie. So di gente che si è sposata in questo modo. Grazie a un ritardo di 40 minuti.

Per non parlare di quelle carrozze notte vecchie di decenni, con il w.c. chiamata ancora “ritirata” e tutto quel linoleum che sembra di stare nella Germania dell’Est. Pura poesia. Poesia con le cimici, ma poesia.

Questa NTV, invece, me la immagino come un salotto esclusivo in cui controllori in livrea servono alcolici con lo stesso finto sorriso degli steward d’aereo.

Vinceranno loro.

E un giorno ci ricorderemo delle Ferrovie dello Stato come ci ricordiamo dei telefoni grigi a rotella, del mangiadischi arancione e del caro, vecchio addetto al passaggio al livello che ogni 5 minuti deve uscire di casa a girare una manovella.

Adieu.

sabato 12 luglio 2008

E' morto Gianfranco Funari


E sticazzi!


p.s. il presente commento non vuole essere una mancanza di rispetto bensì una forma di omaggio alla memoria, che al diretto interessato avrebbe senz'altro fatto piacere. Onore delle armi.

Ci mancherai.

giovedì 10 luglio 2008

Ingrid Betancourt: "Ho adorato la testata di Zidane"


Proprio così. L'ha dichiarato l'altro ieri: «Ho adorato la testata di Zidane a Materazzi, credo che anch'io avrei fatto lo stesso. E me la sono presa con quelli che lo hanno criticato».
Domanda domandina: ma non c'è un modo per riportarla indietro?

mercoledì 9 luglio 2008

Messa laica a Piazza Navona


Ormai è chiaro: non solo - come dice Grillo - esiste l’asse Berlusconi-Veltroni: quello che cui siamo davanti è una mostruosa alleanza Berlusconi-Di Pietro-Beppe Grillo-Marco Travaglio-Furio Colombo e chi più ne ha più ne metta.
Tutti d’accordo segretamente con un solo scopo: fare spettacolo e possibilmente una barca di soldi.

Sembra di assistere a un gigantesco reality show. Per essere più precisi, una replica, visto che il deja-vu riporta al 2001-2006. Le leggi ad personam, i girotondi, le piazze infuocate. Troppo già visto per essere casuale.

D’altra parte, tutta questa gente dove ca... stava ad aprile, quando i giochi contavano per davvero? Silenzio. Erano troppo impegnati nella campagna elettorale contro il Partito Democratico.

Secondo me hanno votato tutti per il Popolo della Libertà.

Ma rifletteteci. In realtà queste persone a Berlusconi dovrebbero fargli un monumento. Ma dove starebbero, se non ci fosse il Cavaliere?
Marco Travaglio scriverebbe pezzi di cronaca nera per la quindicesima pagina, Beppe Grillo non avrebbe raddoppiato il fatturato, Sabina Guzzanti non si potrebbe atteggiare a maitre à penser e sarebbe ancora a fare l’imitazione di Moana Pozzi, Antonio Di Pietro? Di Pietro chi? Ah sì, l’ex magistrato che ha lasciato la toga quando è caduto a sua volta vittima di sospetti strani...

Per non parlare di quelli che sono riusciti addirittura a risuscitare dal sonno dei giusti. Ma chi è quella faccia? To’! Diliberto! E noi che lo davamo emigrato in Zaire... E finire con gli intellettuali militanti che si mettono da bravi in fila a elemosinare la loro parte di visibilità.

Il vero miracolo di Berlusconi è che riesce a dare lavoro anche a quelli che non assume.

E così la grande Industria dell’Indignazione ha celebrato il suo rito (erano in vendita gadget questa volta? Ah sì, le magliettine dell’Italia dei Valori). La folla ha trovato soddisfazione nell’ascoltare le ingiurie più fantasiose verso chiunque, anche quelli che non c’entravano con il tema della serata (il Papa - per dirla in dipietrese - che c’azzeccava?), poi si riarrotolano gli striscioni e si torna a casa stanchi ma paghi di aver trovato un responsabile della propria infelicità.

Giusto protestare, giustissimo: i motivi non mancano. Ma non vi siete stufati di vedere lì sempre le solite facce? Con quella supponenza in viso di chi detiene il copyright della democrazia. Con sempre il libro, il disco o lo spettacolo teatrale da promuovere. Una volta a fare certe battaglie ci sarebbero stati Turati, Villari, Colajanni. Se penso che oggi ci sono la Guzzanti e Di Pietro mi viene da piangere.

Per tacere di quel... quel... diciamo ingenuo - per evitare denunce - di Moni Ovadia che si presenta a blaterare di fascismo e fare paragoni con il 1922. Ma davvero vogliamo continuare a prenderci in giro così? Non hanno ragione nel Pd a dire che sono regali belli e buoni alla maggioranza?

Infatti a sera si parla di tutt’altro e nelle sedi dove si decide sul serio niente cambia.

Proprio niente?

Be’, dopo la manifestazione di Piazza Navona il governo ha cominciato a scricchiolare ed è lì lì per cadere.

Ma non quello di Berlusconi. Quello ombra di Walter Veltroni.

Non sarà mica che era lui il vero obiettivo della manifestazione?

lunedì 7 luglio 2008

Gli uomini dagli occhi vicini ci invaderanno?

So che mi darete del pazzo. Sono pronto a correre il rischio. Ma c’è un pericolo che incombe su tutto il paese e se faremo l’errore di sottovalutarlo andremo incontro alla catastrofe: gli uomini dagli occhi vicini sono fra di noi.

Non ce ne accorgiamo perché siamo distratti. Eppure già da tempo ci sono tutti i segnali per riconoscere che siamo vittime di una invasione. Da dove vengano non lo so. Sono alieni? Chi lo sa. Ma sono sempre di più e stanno occupando i posti chiave del potere.

Tutto è cominciato quando ha scalato le vette della carriera televisiva questo giovane conduttore.





Lì per lì pochi hanno fatto caso alla straordinaria vicinanza dei suoi occhi. Magari i più hanno pensato che fosse una malformazione congenita ma isolata. E invece no.

Il conduttore deve essere stato una sorta di avanscoperta, dopo il quale nel giro di pochi anni decine di uomini dagli occhi vicini hanno invaso il nostro paese, con un’impennata spaventosa negli ultimi mesi.

Ho cominciato a notare qualcosa di strano quando a febbraio il Festival di Sanremo è stato vinto da un semisconosciuto che, oltre ad avere un nome ridicolo, presentava il seguente volto:





Poteva essere un caso anche questo. Però due mesi più tardi, con un risultato inaspettato, veniva eletto sindaco di Roma un uomo dai globi oculari straordinariamente prossimi:





E qui ho incominciato a nutrire qualche sospetto. Confermato subito quando a giugno nella partita decisiva dell’Europeo il ct Donadoni ha deciso all’improvviso di mandare in campo questo giocatore:





Allora non ho avuto più dubbi: siamo vittime di un’invasione.
Cosa vogliono gli uomini dagli occhi vicini? Difficile dirlo. Da dove vengono? Impossibile da sapere con precisione. Sono pericolosi?

La risposta è: . Abbiamo buone ragioni per credere che gli occhi vicini siano contagiosi. E lo abbiamo notato osservando da vicino alcuni personaggi famosi.

Da un nostro studio effettuato confrontando fotografie di anni diversi, siamo infatti giunti alla sconcertante conclusione che gli occhi del presidente Berlusconi si stanno progressivamente avvicinando.





Secondo i calcoli del nostro computer, infatti, entro un paio di anni il volto del premier dovrebbe essere così:





E quello che succede a lui potrebbe succedere anche a chi vi è intorno!

Vegliate! Questa sera, quando tornate a casa, fate una carezza al vostro bambino e già che ci siete controllate se per caso gli occhi non vi sembrano più vicini di ieri. Fate lo stesso con vostra moglie, i vostri colleghi, il giornalaio, con chiunque.

Gli uomini dagli occhi vicini sono tra noi! E aumentano di giorno in giorno!

giovedì 3 luglio 2008

Lettera aperta


Ricevo da un lettore affezionato e volentieri pubblico.

“Caro Zeni,
sono profondamente turbato dalla piega che sta prendendo la politica italiana negli ultimi giorni. L’acceso dibattito su questioni essenziali per il funzionamento di una repubblica, e particolarmente sui temi della giustizia, mi fanno prevedere foschi scenari per il futuro della democrazia nel vostro paese.

Non solo mi turba il contenuto delle leggi e dei decreti proposti dall’attuale governo - che limiteranno fortemente l’attività della magistratura con una sorta di amnistia di fatto per determinati reati; ciò che mi colpisce è l’autoritarismo con cui il governo pretende di far passare questi provvedimenti, scavalcando le legittime competenze delle Camere e del Presidente della Repubblica.

Mi auguro che le cose vadano meglio in futuro. Altrimenti il mio parere è che la comunità internazionale non possa più chiudere gli occhi davanti agli eventi scandalosi che vede ogni giorno accadere in Italia.

La democrazia è un bene dell’umanità intera, e credo che i governi di tutto il mondo debbano vegliare affinché sia difesa e tutelata.
Cordiali saluti,

Robert Mugabe
Presidente dello Zimbabwe

lunedì 30 giugno 2008

E io invece difendo le zanzare


Estate, tempo di genocidio. È questo il modo più appropriato di definire la stagione in cui milioni di persone prendono le ferie per dedicarsi ai loro sport preferiti: nuoto, racchettoni e uccisione di insetti.

Se solo riuscissimo a vederci dall’esterno, ci verrebbe da ridere di fronte allo sconfinato arsenale messo in campo per toglierci di torno l’odiato volatile notturno: zampironi, spray, piastrine tossiche, creme repellenti, gabbie che bruciano. L’odio che nutriamo per questo animale ha plasmato persino il vocabolario, così da assegnare a una banalissima rete un nuovo nome: zanzariera.

E io invece difendo le zanzare.
Si tratta di un animale nobile e sensibile. E vi spiego anche perché.

Tutti odiano le zanzare perché - si dice - ronzano nelle orecchie e procurano prurito. Sciocchezze. In realtà tutti le odiano perché sono piccole e brutte.

Immaginiamo se al posto delle zanzare ci fossero i panda. Non sarebbe affatto piacevole avere la casa invasa da tanti orsetti bianchi e neri che ti mozzicano mentre dormi. Però nessuno oserebbe fiatare: gli ambientalisti starebbero sul piede di guerra per vigilare sulla salute dei panda. Perché sono paffuti e carini, ecco tutto. Anche se fossero dei gran rompicoglioni, nessuno si sognerebbe di ammazzarli in massa, e non riesco nemmeno a immaginare che casino succederebbe se fossero commercializzati - che so? - uno spray anti-panda o dei racchettoni schiaccia-panda.

Per le zanzare, invece, nessuno muove un dito. Non ho mai sentito Pecoraro Scanio scagliarsi contro il genocidio sistematico di questo nobile e prode insetto.

Ma le zanzare ci pungono - direte.

Ebbene, vi chiedo: perché lo fanno? Cercano del nutrimento per i loro piccoli. La zanzara femmina è un animaletto disposto, pur di sfamare la famiglia, al più schifoso dei lavori: infilarsi tra le dita dei piedi di gente sudata. Per i propri bambini rischia ogni notte di fare una fine orribile - bruciata, avvelenata o stritolata da due mani: conosco umani che non farebbero un decimo di quello che la zanzara fa per la prole.
Non è forse un gesto di una nobiltà e bontà d’animo sconvolgenti?

Anche questo dovrebbe muoverci a compassione. Ricordatelo: ogni volta che uccidete una zanzara, decine di cuccioli aspetteranno invano l’arrivo della mamma col cibo. Certo, se fossero dei mici batuffolosi la cosa ci farebbe pena, ma visto che si tratta di larve cieche e idiote noi compiamo ogni notte questo gesto crudele.

E poi pensate: ogni essere umano adulto porta dentro di sé litri e litri di sangue. E vogliamo montare su un casino se un piccolo animale se ne prende un goccetto? Egoisti! Vorreste il sangue tutto per voi! Ma come diceva Robespierre, “non permetteremo a nessuno di accumulare chili di grano mentre il vicino di casa muore di fame”.
La zanzara ruba il sangue ai ricchi per darlo ai poveri. È l’insetto Robin Hood, l’invertebrato marxista, il guerrigliero barbudos che sta nella giungla in attesa della revolucion.

Dici: ma possono portare la malaria. E che è colpa della zanzara? Immaginate quanto debba fare piacere a lei scoprire che il sangue che ha appena succhiato è infetto.

Dici: ma sono troppe perché l’equilibrio della natura si è modificato. E io dico: quale equilibrio? Ma se ‘sta natura cambia in continuazione! Pensate che solo fino a poco tempo fa andavano in giro lucertoloni alti sei metri…

Insomma, basta con questa ingiustificata e anche un po’ razzista guerra agli insetti. Annuncio sin da ora la fondazione di una Lega per la Difesa della Zanzara. Perché come diceva il proverbio ebraico: chi salva una zanzara salva il mondo intero.

(E ora vi saluto e vado a letto. Sperando di riuscire a dormire, ché ieri ‘sti cazzo di insetti mi hanno lasciato insonne.)

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domenica 29 giugno 2008

Spagna campione: cosa ci mancherà degli Europei


Adesso che con la vittoria della Spagna è calato il sipario su questi campionati Europei di Austria e Svizzera, possiamo tirare un primo bilancio. Tante sono le cose che ricorderemo e che ci mancheranno.

Ci mancherà la teutonica perfezione del sistema organizzativo, che per tutelare la sicurezza e il decoro aveva proibito i festeggiamenti per strada, lo strombazzare delle auto e lo sventolio delle bandiere. A Zurigo era consentito soltanto il festeggiamento svizzero, cioè un moderato sorriso e un gesto della manina. A Vienna una circolare del sindaco imponeva ai tifosi di festeggiare il risultato qualunque fosse, anche in caso di sconfitta; e così si è capito perché nel ’38 gli austriaci avevano accolto i nazisti con fiori e applausi: erano troppo educati per protestare.

Ci mancherà l’Olanda di Van Basten, che per un po’ sembrava la squadra più forte del mondo, finché non si è capito che il merito era tutto di Italia e Francia.

Ci mancherà la Russia di Hiddink, che sembrava uno squadrone e poi si è capito che il merito era tutto dell’Olanda.

Ci mancherà la Spagna, che sembrava uno squadrone e dopo che ha battuto l’Italia ci ha fatto comodo continuare a pensarlo.

Ci mancherà la Turchia di Terim, che ha dato l’illusione di poter ripetere l’incredibile serie di botte di culo della Grecia 2004 e poi ha perso all’ultimo minuto. Terim si è consolato trovando nuovo lavoro come barista al Billionaire di Flavio Briatore.

Ci mancheranno le dichiarazioni di Domenech, le camicie di Loew, le parate assolutamente casuali di Lehman. E poi gli inutili commenti di Bagni, Bartoletti che cerca di fare lo spiritoso a sproposito, e Cerqueti che usa “timing” per dire “scelta di tempo” ed “extra time” per dire “tempo di recupero” (che peraltro in inglese si dice “additional time”; gli extra times sono i supplementari, ma vaglielo a spiegare).

Ci mancherà la Federazione Italiana, che ogni giorno rilasciava una dichiarazione di fiducia a Donadoni, e nessuno trovava strano che Abete parlasse al telefono dalla villa livornese di Marcello Lippi.

Ci mancherà Donadoni, che faceva la formazione seguendo le indicazioni della stampa sportiva. Volevano Del Piero e metteva Del Piero; chiedevano Cassano e avevano Cassano; spingevano per Aquilani e zac! ecco Aquilani in campo. E questa è la dimostrazione che i giornalisti non potrebbero mai allenare la Nazionale; purtroppo, però, non è possibile esonerare la Gazzetta dello Sport.

Ci mancheranno le aperture di Pirlo, i cross di Zambrotta e i gol di Toni. Per la verità è un mese buono che ci mancano, e questo forse spiega tante cose.

Ci mancherà infine l’overdose di calcio. Già al terzo turno dei gironi mi sono sentito perso, con la cancellazione della partita delle 18.00. Ma adesso che si fa? Saremo costretti ad assumere il metadone del calciomercato; oppure aspettare le Olimpiadi, per sintonizzarsi alle cinque del mattino con la Cina e accorgersi di avere sbagliato giorno ed essersi svegliati di notte per vedere la lotta greco-romana.

Ma soprattutto questo Europeo mancherà tantissimo alla maggioranza di governo: approfittando del fatto che gli italiani erano distratti dal calcio, hanno approvato all’incirca 13.457 leggi ad personam. Ieri stavano per depenalizzare l’ingiuria alle alte cariche dello Stato, poi Di Pietro ha dato del magnaccia a Berlusconi e hanno fatto marcia indietro.

Sarà per un’altra volta, tranquilli. Non mancheranno le occasioni...


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venerdì 27 giugno 2008

Anticipazioni sul nuovo ddl giustizia


E' ancora fresca la notizia dell'approvazione del discusso lodo Schifani, che già si comincia a parlare di un nuovo disegno di legge per regolamentare i processi penali

Si tratterà di un ddl per tutelare ancora di più i cittadini italiani dagli abusi della giustizia distorta.

In particolare, succulente indiscrezioni riguardano una norma per regolare le priorità ai processi in corso: i tribunali saranno infatti tenuti a concludere i procedimenti in rigoroso ordine alfabetico, a partire dagli imputati i cui cognomi iniziano per Berm.

Si dovrà quindi processare prima i vari Bernardi, Bertani, Bertolini e così via fino a Zaccarelli, e infine ricominciare dalla A, anche se in verità nel frattempo saranno passati circa 25 anni e i reati dalla A alla Berm saranno presumibilmente passati in prescrizione.

"E' una norma studiata per favorire tutti i cittadini" ha dichiarato Paolo Bonaiuti di Forza Italia "e speriamo proprio che l'opposizione non faccia la solita strumentalizzazione piazzauiola e giustizialista".

Tra l'altro il ministro della giustizia Alfano ha lasciato capire che potrebbero esserci ancora dei minimi aggiustamenti al testo. Possibile infatti un'eccezione all'ordine alfabetico che lasci fuori i cognomi dalla Dell'Us alla Dell'Uu e dalla Preu alla Prez.

Ma i simpatizzanti dell'opposizione possono stare tranquilli: Walter Veltroni ha promesso che il governo non la farà franca e ha promesso un caldissimo autunno 2034 di opposizione.

martedì 24 giugno 2008

Facciamo le primarie per il ct della Nazionale



E' un'idea talmente folle che non è venuta nemmeno ad Aldo Biscardi.

Perché non spingiamo per inserire tra le riforme istituzionali l'elezione diretta dell'allenatore dell'Italia?

Pensateci. Chi vuole cominciare a raccogliere le firme per il referendum?

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lunedì 23 giugno 2008

Siamo così sicuri che internet sia un mezzo di comunicazione democratico?



Ho notato che l’argomento interessa, quindi vorrei condividere con voi alcune perplessità che ho riguardo alla Rete. Soprattutto se pensiamo al clima di generale entusiasmo che circola a proposito, tutta la retorica della “rivoluzione digitale” e della “democrazia dal basso”.

Sempre più gente ha infatti iniziato ad assumere un atteggiamento di profonda diffidenza verso i mezzi tradizionali come stampa e tv, e al contrario a fidarsi unicamente di internet come fonte di informazione. Come recita uno slogan caro ai più estremisti, “la Rete li seppellirà”.

Vi fornisco giusto qualche spunto di riflessione.

Internet non è più un mezzo di comunicazione giovane. Per quanto possa sembrarlo, per quanto si tenti di dare nuova linfa inventando concetti come il web 2.0, la Rete - nella sua forma più diffusa - ha quasi venti anni.
Venti anni sono un periodo sufficiente perché un fenomeno perda la sua originaria freschezza e “spontaneità” per essere inscatolato in teorie e in alto capiscano come manipolarlo. In fondo la televisione ha impiegato solo poco di più per passare dalle lezioni di grammatica degli anni ’60 alle ballerine scosciate degli anni ’80.

Quello che voglio dire è che, contrariamente a quello che si dice, il fenomeno della Rete non è più qualcosa di spontaneo.
A uno sguardo superficiale si può essere portati a credere che sia uno strumento che dà a tutti voce e possibilità di essere ascoltati. Nei fatti dà sì voce a tutti, ma la fetta più grossa di pubblico è destinata a pochi. Una persona che si accosti per la prima volta a internet, magari aprendo un blog, potrebbe pensare che basti una buona idea e un po’ di costanza per conquistare lettori. La realtà è ben diversa.

Dietro il successo dei siti più frequentati c’è innanzitutto un investimento in denaro. Provate a scorrere la lista dei blog di Technorati: al primo posto troverete Arianna Huffington, giornalista miliardaria grazie a un fortunato divorzio, al secondo Michael Arrington, imprenditore del ramo informatico, il terzo è a cura della società multinazionale di comunicazione NetMediaEurope e così via. D’altronde quello italiano più celebre, il blog di Beppe Grillo (attualmente al 17esimo posto), è stato creato da uno che all’atto della fondazione fatturava attorno ai 2 milioni di euro annui.

A cosa serve tutto questo denaro? A varie cose. Aprire una redazione in cui far lavorare della gente (pensate davvero che i curatori scrivano tutti gli articoli?); ingaggiare esperti di grafica e programmazione; pagare decine e decine di moderatori (sul cui operato diremo più avanti); pagare la parcella ai consulenti di comunicazione che elaborano il piano di marketing.

Quindi prima conclusione: internet non è un mezzo che offre a tutti le stesse possibilità di base. Per emergere, come in tanti altri campi, occorrono mezzi non alla portata di tutti. Certo più economici che fondare una rivista, ma in ogni caso non comuni.

Ma fosse soltanto questo. Dicevamo degli esperti di marketing. Sono sempre di più le agenzie che offrono questo tipo di servizio: elaborare un piano strategico per riuscire a spingere un sito. Non tutti hanno l’onestà di ammettere questa consulenza; alcuni, quando la notizia inizia a circolare, minimizzano.

Eppure è su questo piano che si decreta il successo di un’iniziativa su internet. E’ una questione di marketing, oramai studiato a fondo e sviscerato in tutte le sue sfaccettature. Come vendere una saponetta.

Con una differenza, però. La pubblicità in tv si rivolge a un pubblico passivo, lo raggiunge contro la sua volontà, spesso annullata dal cambio di canale.
Lo spot in Rete, invece, è lui a trovare te e farsi veicolare anche senza che tu te ne accorga. Ti arriva sulla posta in veste di forward a scopo umanitario, si attacca al tuo sito sotto sembianze di un privato disinteressato che lascia un commento al tuo blog; oppure sei tu senza pensarci a ospitarlo, mettendo nella tua sidebar il codice per il bannerino così simpatico e che ti era piaciuto tanto.

E’ per questo che si parla di messaggio virale (appunto, “viral marketing”). Perché come un virus si diffonde attraverso tanti portatori sani. Come se inserissimo lo spot del Glen Grant nel filmino delle nostre nozze...
Ed è questa la vera forza e la vera pericolosità della Rete al giorno d’oggi. Quasi nulla di quello che accade ha qualcosa di spontaneo, eppure fa sempre in modo di sembrare un’iniziativa popolare, “dal basso” appunto. Come il diavolo di certe fiabe medievali che cerca di convincerti che non esiste.

Va bene” direte voi “in fondo non è da tutti impiantare delle iniziative, e ci sta che solo pochi ci riescano. Però c’è sempre l’interattività, le discussioni, i forum, i commenti. E’ quello il vero terreno della democrazia dal basso”.

Vero e falso allo stesso tempo. C’è un forte limite a tutto questo, ed è l’anonimato.
Poter parlare senza svelare la propria identità, addirittura con la possibilità di assumerne più d’una, e farsi passare per qualcun altro, tutto questo non ha niente a che vedere con la democrazia. E’ una forma di anarchia in cui sono destinati a sopravvivere solo quelli che si fanno meno scrupoli.

Alle elezioni, in fondo, vale il principio “un cittadino, un voto”. In Rete invece è possibile tutto.

Compresa una gestione sempre più disinvolta dei commenti ai blog da parte di utenti e moderatori.
Perché dovremmo fidarci, se non possiamo mai avere la certezza che chi parla è davvero lui e lo fa per disinteresse?
Potrebbe essere un troll rompicoglioni. Potrebbe essere un troll pagato da un’azienda rivale per seminare zizzania. Potrebbe essere un moderatore che si finge un utente per indirizzare la conversazione. Potrebbe essere CHIUNQUE.
E perché, poi, quel tale commento è stato cancellato? Più passa il tempo, più i moderatori si trasformano in cani da guardia del Padrone. E il risultato è che le discussioni non sono uno specchio fedele delle opinioni della gente.

Naturalmente questo non avviene nei siti meno frequentati. Ma sono - appunto - meno frequentati e quindi non costituiscono un pericolo. Denunciare l’abuso di un famoso blogger su un sito dal basso numero di visite è come non farlo. Anche ammesso che qualcuno ti legga, non riterranno credibile la notizia. Perché ormai la credibilità si misura in... pagerank.

In conclusione, questa la mia tesi: internet non è più - ammesso che lo sia stato - un mezzo di comunicazione “innocente”. Non è più democratico o degno di fiducia della stampa e della televisione. Anzi, presenta se possibile dei rischi maggiori.

Nessun catastrofismo, per carità. Se uno sa a cosa va incontro è in grado comunque di non farsi abbagliare. Ma non pensate che gli utenti dovrebbero sapere queste cose?


A proposito di marketing virale
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Donadoni, tempo di processi



Ora che l'Italia è fuori dall'Europeo, dopo aver perso ai rigori contro la Spagna, per Roberto Donadoni inizierà il tempo dei processi mediatici.

Ma il ct può stare tranquillo: grazie al lodo Schifani, i processi non potranno avere luogo prima di un anno.

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venerdì 20 giugno 2008

Svelato l’algoritmo di Google



Da decenni gli appassionati di internet si chiedono quale mai possa essere il fantomatico algoritmo che fa funzionare il motore di ricerca di Google. Gli inventori, comprensibilmente, custodiscono con gelosia il segreto, quasi come la formula della Coca-Cola.

Ma finalmente qualcosa è emerso, grazie allo scoop del sito americano www.newfakemedia.com.
Secondo la rivista online di informatica, l’algoritmo di Google sarebbe il seguente:

random(x)

Geniale, no?










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mercoledì 18 giugno 2008

Ma perché su internet sono tutti così nervosi?



Alcuni recenti commenti mi hanno spinto a girarvi una domanda che mi frulla in testa da un po’: perché la gente che frequenta la Rete e in particolare blog e forum è sempre così irascibile?

Su internet non c’è verso di dire nulla senza che qualcuno si offenda. Qualunque opinione, anche la più civile, riceve in media reazioni terribili da parte di quelli che non la condividono. Se poi si osa scherzare, peggio ancora: sembra che gli internauti siano la razza con meno senso dell’umorismo mai partorita da Madre Terra.

Pensateci un po’. Molti dei siti più frequentati sono uno spazio in cui tanta gente che non si conosce litiga per i più futili motivi. Al primo disaccordo volano insinuazioni terribili di essere al soldo di tizio e caio, addirittura ci si minaccia. Dici: “non la penso come te” e ti rispondono “piano con le parole, stronzo!”; critichi qualche personaggio pubblico e subito decine di suoi partigiani ti riempiono di squisitezze che vanno da accuse ideologiche al peggiore vocabolario squadrista.

Per non parlare dei forum: davvero, non pensavo che ci si potesse giurare odio eterno discutendo sulle marche degli amplificatori o su qual è il miglior sistema operativo.

Quali le cause di questo fenomeno? Analizziamo qualche ipotesi.

a) le onde elettro-magnetiche: chi naviga molto passa parecchio tempo esposto alle radiazioni dello schermo del computer, magari con la connessione wireless che gli attraversa il corpo. Gli scienziati devono ancora studiare gli effetti negativi di queste onde, ma un’idea possiamo già farcela: provocano un perenne giramento di palle.

b) la comunicazione scritta: in un mondo in cui nessuno scriveva più lettere, internet ha fatto irruzione riportando a galla la comunicazione scritta; però la gente non era più abituata. Quindi le persone non riescono più a capire davvero il tono delle affermazioni altrui, in mancanza di altri segnali come l’espressione del viso e i gesti. Non è un’ipotesi da scartare. In fondo gli emoticon servono proprio a questo: un sorriso significa: “Ehi! Guarda che scherzo! Non ti offendere, ti prego!”

c) i cattivi maestri: già la comunicazione televisiva seguiva tendenze sempre più aggressive, adesso quella web è sfociata addirittura nel linguaggio bellico, tant’è che si parla proprio di guerrilla marketing. La regola per farsi ascoltare su internet è semplice: spararla grossa, urlare. Ma così anche gli utenti si abituano a questo generale clima di tensione, e commentano di conseguenza, come vittime di un gigantesco esperimento di condizionamento. Beppe Grillo dice che grazie a internet diventeremo tutti giornalisti; a me sembra che stiamo diventando tutti Vittorio Sgarbi.

Resta un’ultima ipotesi, ma è un boccone troppo amaro da digerire, e preferisco scacciare via il pensiero.
Non sarà che internet non ha cambiato nulla della società, se non il fatto di dare voce a tutti? In questo caso, la Rete non farebbe che confermare ciò che già si sospettava senza averne le prove: che cioè il 90% della popolazione mondiale è composta da perfetti idioti.