martedì 30 ottobre 2007

Farisei e dottori della legge


“Guai anche a voi, dottori della legge,
che caricate gli uomini di pesi insopportabili
e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!
Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti
e i vostri padri li hanno uccisi!”
Luca 11, 46-47



In effetti volevo parlare - cari miei 2,5 lettori - di partecipazione politica, ma come si dice maiora premunt.
Puntuale come la morte (purché non sia provocata artificialmente), è arrivata la nuova sparata del nostro amato Sommo Pontefice: questa volta invita i farmacisti cattolici a obiettare di coscienza e rifiutare al cliente i farmaci abortivi e quelli “per l’eutanasia”. A parte il fatto che non si è ben capito quali siano questi ultimi: teoricamente uno si può dare la morte anche provocandosi un embolo con una siringa, o tagliandosi le vene con un rasoio; ma anche ingerire dell’acqua ossigenata non credo faccia troppo bene. Via, proibiamo la vendita di qualsiasi cosa!

Sì lo so, oramai criticare Ratzinger è diventato un giochetto facile, e tutto sommato ricercato dallo stesso venerando, che negli ultimi tempi è più onnipresente dell’Ente divino di cui si dichiara rappresentante (il quale, al contrario, da ottimo self-manager centellina con calcolata astuzia le sue apparizioni). Forse è stato consigliato così da qualche consulente: irritare l’opinione pubblica, fare puntualmente incazzare i laici, così si può gridare alla persecuzione dei cattolici, e i credenti si compattano. Invitare alla crociata è sempre il modo migliore di fare proseliti.

Il punto è che il simpatico vecchietto avrà anche passato anni su anni a studiare teologia a Tubinga, ma a volte denuncia carenze scioccanti in materia. Almeno, io ricordavo che uno dei pilastri del cristianesimo dovesse essere il libero arbitrio. Ma oggi è un concetto fuori moda: tira molto di più l’idea del “costringeremo gli uomini a essere santi, anche con la forza”, il che denuncia insospettabili e comiche eco leniniste.
Cerco anche solo di immaginare la scena della signora Lia che un bel giorno (le auguro il più lontano possibile) lascia questo mondo e si presenta al Creatore.

Dio: hai avuto altro dio all’infuori di me?
Lia: no.
Dio: hai nominato il nome del qui presente invano?
Lia: macché.
Dio: hai santificato le feste?
Lia: sì.
Dio: hai onorato il padre e la madre?
Lia: eccome no.
Dio: hai ucciso?
Lia: ehm… uhm…
Dio: hai ucciso o non hai ucciso?
Lia: be’, no, cioè…
Dio (inizia a spazientirsi)
Lia: ecco, in effetti non ho ucciso; cioè, io lo avrei anche fatto; però un farmacista me l’ha impedito.
Dio: Pietro, scrivi: ha ucciso.

Ma il cattolico rampante di questi tempi è un uomo che tiene più alla forma che alla sostanza, una persona per cui il valore della vita si riduce a un’equazione in codice binario (0, 1, 0, 1, vita sì, vita no), senza considerazione per la qualità della stessa; uno che difende con lo scudo la dignità di una cellula, ma non ha un briciolo di cristiana pietà per un malato terminale.

Pietà? E che l’è? Mica ha a che vedere con il cattolicesimo!
Andate un po’ a sentire la valanga di lettere di insulti che ha ricevuto Sergio Luzzatto per il suo libro su Padre Pio. Minacce, volgarità, antisemitismo: un tale lo ha persino paragonato a Giuda Iscariota. Io ricordavo anche - ma potrei sbagliarmi - qualcosa a proposito di amare i nemici e pregare per i propri persecutori; ma suvvia, anche su questo si può chiudere un occhio, visto che la cecità è già favorita dalla presenza di una scomoda e ingombrante trave.

Insomma, decidiamoci: o vogliamo sul serio difendere le radici cristiane dell’Occidente, e allora comportiamoci da cristiani - almeno una volta nei secoli - e questo però comporta tolleranza, mansuetudine, altruismo e tante altre cosucce assai scomode; oppure smettiamola di riempirci la bocca di parole utili solo a sentirsi importanti e in possesso di una identità, e ammettiamo una buona volta che le radici cristiane non sono in pericolo, perché le abbiamo già perse.

Da circa duemila anni.


mercoledì 24 ottobre 2007

Posta prioritaria (atto unico)


Corinto, anno 53 d.C.
La scena è ambientata nel cortile interno di una abitazione, con l’impluvium al centro e il colonnato intorno. Sulla parete di fondo è disegnato un gigantesco pesce.

(voci fuori scena)

- Tump! Tump!
- Chi è?
- Posta!
- Buongiorno.
- ‘Ngiorno.
- C’è da firmare?
- No, nulla. Arrivederci.
- Grazie, buona giornata!

(un uomo in tunica entra nel cortile con delle buste da lettera in mano; un altro arriva dalla parte opposta)
- Ragazzi, è arrivata la posta!
- Qualcosa di interessante?
- Fammi vedere... pubblicità... il gas... questo è il Club del Libro per te... questo? ah, come al solito hanno sbagliato e ci hanno mandato la guida tv di Sky... toccherà avvertirli che non siamo abbonati... pubblicità... oh no!
- Cosa?
- Guarda un po’ questa lettera.
- Ancora lui?
- Già.
- E che due palle... ma è un grafomane, non se ne può più! Che vorrà ancora da noi?
- Gente, riunione! Ci ha scritto di nuovo!
(dalle stanze accanto provengono mugugni e lamentele; poi pian piano arriva una decina di persone)
- Che vuole ancora?
- Non lo so, non l’ho ancora aperta...
- E spicciati, dai, così ci leviamo ‘sto dente...
- Ma non potremmo cestinarle? Poi gli diciamo che non c’è mai arrivata... diamo la colpa alla posta dei Romani...
- See, così poi quello ce le rispedisce tutte quante! Sai quanto è ostinato, no?
- Dovevamo dare retta ai Tessalonicesi. Quell’idea di una raccolta firme per farlo smettere.
- Sì, ma dovevamo essere tutti d’accordo. Invece si sono messi in mezzo gli Efesini a fare storie, che non era corretto o che so io. Si vede che a loro piace doversi sorbire di continuo questa sbobba.
- Be’, dai, apri... leggiamola e amen.
- (tutti in coro) Amen!
- Allora... “Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo, per volontà di Dio etc. etc... ringrazio il mio Dio per voi, a motivo della gloria che vi è stata data etc. etc...” vabbé, fin qui le solite pappardelle. Sapete che ci mette due pagine per arrivare al dunque.
- Non potrebbe scrivere semplicemente: Cari Corinzi, come va?
- Lasciami continuare. Prima finiamo meglio è. “Vi esorto, pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perchè non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d’intenti”.
- Giusto!
- Ha ragione! Dobbiamo rimanere uniti!
- Forse stavolta è una buona lettera!
- “Anch’io, o fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parole o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questo crocifisso”.
- Ehi, che è successo? E’ diventato modesto?
- Questo sì che sarebbe un miracolo!
- Mi sa che stavolta la scampiamo!
- “Se qualcuno di voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente... ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio... non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore...”
- Giusto!
- Ben detto!
- Lo diceva anche Lui: non giudicate e non sarete giudicati.
- Sia lodato Iddio! Quell’uomo è rinsavito!
- Aspetta a dirlo... senti un po’ qua: “Come se io non dovessi più venire da voi alcuni hanno preso a gonfiarsi d’orgoglio. Ma verrò presto, se piacerà al Signore, e mi renderò conto allora non già delle parole di quelli gonfi di orgoglio, ma di ciò che sanno veramente fare... Che volete? Debbo venire a voi con il bastone, o con amore e spirito di dolcezza?”
- Ma che fa, ci minaccia?
- Ci vuole menare, ci vuole!
- Questo è niente: “Vi ho scritto nella lettera precedente di non mescolarvi con gli impudichi... di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: con questi tali non dovete neanche mangiare insieme...”
- Ammazza, e meno male che nessuno doveva giudicare!
- Ma il Signore non andava a pranzo con le mignotte?
- Vaglielo a spiegare tu. Questo qui fa e disfa la Parola come gli pare...
- Oddio!!!
- Che succede?
- Non ci posso credere!
- Che hai letto?
- No, ragazzi, questa è grossa.
- Leggi, avanti! Non tenerci sulle spine!
- Reggetevi: “Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l’uomo non toccare donna”.
- (tutti in coro) EEEEEEEEEEEEEH?!!!

(seguono alcuni secondi di silenzio)

- Ma dài! E’ assurdo!
- No no, c’è scritto proprio così.
- Da’ un po’ qua, va’, fammi vedere... non sai manco leggere... santiddio, è vero!
- Magari è un errore di battitura... che ne sai? voleva scrivere “è cosa buona toccare donna” e gli è scappato il “non”...
- Macché, senti come continua: “Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino... se ti sposi non fai peccato... tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele... Questo però vi dico per concessione, non per comando: vorrei che tutti fossero come me...”
- Grazie al c...uhm! Lui non ci tromba e non ci deve trombare nessuno! Parla come una vecchia zitella!
- No, gente, qui siamo alla follia. Adesso basta.
- La misura è colma.
- Cosa buona non toccare donna, ma stiamo scherzando?
- Certa gente non si dovrebbe mai convertire!
- Che puoi pretendere da uno che ha le allucinazioni?
- Guarda, io quasi lo preferivo quando ci perseguitava!
- La risposta è una sola, fratelli: SCISMA!
- Ben detto! SCISMA! SCISMA!

Escono di scena cantando in coro “Boys don’t cry” dei Cure.


E così nacque la Chiesa Ortodossa. Forse.


(il post è finito, andate in pace, aaamen)

giovedì 18 ottobre 2007

Del potere


Alle rane si chiede, le rane rispondono. Parliamo un po’ di potere.

Questa è una delle parole più abusate della nostra epoca: scagliarsi contro i Potenti diventa spesso lo sport preferito di milioni di persone. Alle volte può essere la mossa vincente della tua vita, quella di iniziare a scagliarti contro il Potere, e imbastire una lotta personale, che poi personale non lo è mai, contro i Giganti che traviano il buon popolo. Da un giorno all'altro da grigia nullità che eri ti trasformi all'improvviso in un Redentore.

È chiaro. I Potenti detengono il monopolio di ciò che hanno attorno. I Potenti si scambiano favori. I Potenti curano soltanto i propri interessi, e del prossimo chi se ne impiffera. Al di fuori della cerchia dei Potenti, invece, son tutti delle Carmelitane Scalze.
Una volta Saul Bellow, intervistato da Oriana Fallaci, si sentì rimproverare il fatto che «gli Americani pensano soltanto ai soldi». Lo scrittore cadde dalle nuvole: «Perché, voi europei no?».

In realtà è il più comodo degli alibi, quello di addossare le colpe di ciò che vediamo attorno esclusivamente a chi ricopre cariche più in vista, o meglio di attribuire il male soltanto a chi ha i mezzi per compierlo, e non anche a chi non lo compie unicamente in quanto impossibilitato. «Potere» è una parola che andrebbe scritta con la p minuscola, in quanto non esclusiva di chi siede sulle poltrone ministeriali, quanto forse il più diffuso squallore umano. Tutti esercitano un potere, tutti bramano a detenerlo, e godono quando l'ottengono. L'unica differenza tra il Presidente degli Stati Uniti e l'ortolano della piazza centrale è che il primo ha fatto un po' più di carriera e comanda più gente, ma intanto anche quello gongola appena può sentirsi al di sopra di qualcuno. Ricordo ancora una discussione tra vecchietti alle poste. Blateravano i soliti discorsi sui politici che sono tutti ladri, è tutto un magna-magna, e bisognerebbe mandarli tutti in galera eccetera, insomma una specie di versione da terza età dei testi dei 99 Posse, quando una vecchietta li interruppe con fastidio: «E andiamo! ché noi non facevamo la stessa cosa, se stavamo al posto loro? Non prendiamoci in giro! Siamo tutti uguali!». Sono rimasto davvero in ammirazione di tanta saggezza.

Tant’è vero che, dal momento che spesso anche quelli che lottano contro il potere sono potenti a loro volta, è stata coniata una nuova espressione per sancire le distanze: i poteri forti. Come dire: al di fuori dei poteri forti ci sono soltanto poteri deboli, non ancora realizzati: uno scontro insomma tra chi ha fatto carriera e chi è all’inizio della scala. È per questo che mi indispettisco davanti a certe gigantesche manifestazioni pubbliche, col contorno di retorica e urla. Il punto è che chi macina slogan dall’alto di una tribuna generalmente non combatte il potere: lo reclama per sé.

Il nocciolo del problema è morale, onnicomprensivo, non contingente. Dici: i politici sono ladri, sperperano il denaro pubblico, raccomandano gli amici, truccano gli appalti. Bene, benissimo. Ma non sono scesi dalla luna a colonizzare il nostro paese: sono figli della nostra società. Siamo noi che li abbiamo educati così. Con che faccia possiamo condannare la corruzione, se ciascuno di noi non esiterebbe un secondo a chiedere una raccomandazione per il proprio figlio?

I miei genitori erano insegnanti di scuola. Bene, non passava Natale o Pasqua senza che arrivassero a casa cesti pieni di ogni ben di Dio da parte dei genitori degli alunni più in difficoltà. Quando ho fatto la maturità (e allora c’era la commissione esterna) una persona informata dei fatti ci fece sapere che eravamo stata l’unica famiglia della classe a non contattare gli esaminatori per spingere il figlio. Non parliamo poi di quel periodo in cui mio padre è stato commissario in un concorso ministeriale. Ci sarebbe stato da staccare il telefono, per quanto eravamo subissati di chiamate. Ridevamo, a fare il conto dei tanti insospettabili, fino ad allora da noi ritenuti i più integerrimi, che lo contattavano per chiedere un occhio di riguardo verso il proprio figlio, nipote, cugino di amici. E ricevevamo un continuo di cesti di cibo, fiori per la signora e via così.
Quando è questa l’educazione che si riceve, cosa possiamo sperare?

Parlavo tempo fa con un anziano professore in pensione. Da giovane era stato un membro molto promettente della Democrazia Cristiana, salvo abbandonare la politica pieno di disgusto per ciò che vedeva attorno (e negli anni ’50, mica nel ’92). Mi raccontava del periodo in cui aveva ricoperto non so quale incarico di responsabilità a livello regionale: era rimasto colpito da come le persone avessero mutato atteggiamento nei suoi confronti. Da un giorno all’altro era soggetto a una tale mole di adulazione, riverenza e - diciamola tutta - piaggeria da sentirsi a disagio.

E sarebbe questa la cosiddetta società civile? Che poi ogni tanto, frustrata dall’inutilità dei propri sforzi carrieristici, trova il capro espiatorio in quelli che invece ce l’hanno fatta, e scende in piazza a mulinare insulti contro i propri simili più fortunati. Quelli che hanno avuto la sorte - loro negata - di avere un amico o un parente in alto loco.

E scusate lo sfogo, che so essere impopolare. In democrazia è permesso attaccare chiunque, tranne il Popolo. Aristofane finché sbertucciava i governanti andava bene, ma quella volta che osò criticare la Città nella sua interezza fu portato in tribunale.

D’altra parte, le adunate pubbliche hanno ben altro significato antropologico. Ma di questo parleremo in un’altra rana.

sabato 6 ottobre 2007

Rana n.2


Certi lapsus sono formidabili.

Cartellone pubblicitario a favore delle primarie del Partito Democratico. Il volto di alcuni cittadini comuni è posto sopra una grande scritta:

SONO DEMOCRATICO. PERCIO’ DECIDO IO.

Questa è meglio di “alcuni animali sono più uguali degli altri”. Se sei democratico, non dovresti decidere INSIEME agli altri?

Ma d’altra parte, tutto ciò è perfettamente coerente con un paese in cui la gente è disposta a smuovere mari e monti per difendere la democrazia e la libertà di parola.
La sua, mai quella degli altri.

Questo mi ricorda quel mio amico che a suo tempo aveva paragonato il quinquennio di Berlusconi all’occupazione nazista. A distanza di anni, l’ho sentito arrampicarsi sugli specchi per giustificare il presidente venezuelano Chavez che aveva appena chiuso la tv dell’opposizione.

“Vabbé!” ribatteva “in fondo quella televisione diceva un sacco di menzogne. E poi non l’hanno chiusa, semplicemente andrà sul satellite”.

Sembrava Emilio Fede che parla di Sabina Guzzanti.



p.s. lo stesso Chavez, da parte sua, è autore di una serie di gag da antologia; una delle ultime: “Basta con questa storia che io sarei un dittatore; il prossimo che dice che sono un dittatore, verrà espulso dal paese”