venerdì 19 settembre 2008

2008: Odissea sopra il Lazio


Avvertenza: siccome ultimamente sono pigro, ho deciso di aprire una rubrica per riportare alcuni post del vecchio blog Saturnalia, tanto il sito non è più accessibile e non se lo leggeva nessuno; quindi pochi avranno un senso di deja-vu. Questo è addirittura il primo in assoluto, credo del settembre 2006. Perciò se vi sembrano strani i riferimenti politici, ebbene sì: due anni fa in Italia c'era Prodi al governo. E scusatemi per avervelo ricordato.


L’altro giorno, complice un orribile pellicola vista in televisione, stavo pensando a come potrebbe essere il soggetto di un film catastrofico in salsa italiana.

Allora: anno 2008. Alcuni inquietanti fenomeni iniziano a manifestarsi nel nostro Belpaese. Fulmini di proporzioni bibliche tempestano le città portando la distruzione; maree inaspettate mangiano metri di costa; incendi scoppiano a ripetizione. Il 3 agosto un gigantesco terremoto distrugge il Colosseo, e due giorni dopo una tempesta elettrica fa letteralmente esplodere la Torre di Pisa. Fino a questo momento i cittadini italiani sono perplessi ma tutto sommato disciplinati. Quando però si iniziano ad avere seri problemi con le linee dei telefoni mobili, la gente inferocita reclama che si indaghi sulle cause di tanta catastrofe.
Il governo, allora, riceve un’informativa riservata del Sismi che individua l’origine delle anomalie in una variazione del campo magnetico di origine astronomica. Si decide perciò di ricorrere alla consulenza del massimo esperto italiano in materia.

Stacco: Università di *** (la città rimane generica per evitare denunce). Due scorbutici agenti del Sismi sono in missione per prelevare in gran segreto il Professor ***, docente di Astrofisica. E’ giorno di ricevimento studenti, e i due contano di risolvere la questione in pochi minuti, sedare il professore, caricarlo in macchina e lasciare che si risvegli in una base segreta in mezzo al deserto (cioè dalle parti di Manfredonia).
Ma del Professore non c’è traccia. Al suo posto, gli studenti sono ricevuti da un paio di assistenti di quarant’anni, precari senza contratto dal giorno della laurea. Da un breve giro di domande si apprende che il professore non c’è mai, che l’ultima volta che è stato avvistato in facoltà è stato alla terz’ultima lezione dell’anno accademico precedente, che lezioni ed esami sono fatte tutte dagli assistenti e forse anche - si vocifera - i libri che l’hanno reso famoso. Dopo una ricerca faticosa si apprende che forse in quel momento si trova a Parigi per un convegno sui Quasar.
Stacco: Parigi. I due agenti del Sismi trovano finalmente il professore, impegnato in una cena a base di ostriche in un ristorantino sul lungosenna, in compagnia di due signorine dalla non comprovata moralità. Due battone, verrà precisato nel rapporto. Con una mossa rapida, gli agenti lo immobilizzano e rapiscono.

Il professore si risveglia nella base segreta “Gassmann” di Manfredonia, dove incontra il Generale ***, responsabile del Progetto SMS. Dopo un iniziale momento di smarrimento, gli viene esposto il problema e il professore accetta di aiutare lo Stato, dopo aver concordato un adeguato compenso. La sua diagnosi è spietata: un gigantesco asteroide sta puntando verso Roma ed è già talmente vicino da scombussolare tutti i fenomeni fisici sul nostro Paese. Il Generale, da buon militare, intravede subito la soluzione: bombardare l’asteroide con un missile ad alta precisione. Perciò, con non poco eroismo, si offre volontario per chiamare gli Americani e chiedere loro di distruggercelo. Ma il professore scuote la testa: non servirebbe a nulla. L’unica speranza è fare arrivare un’astronave sull’asteroide e piazzare direttamente sul posto delle cariche atomiche.
Un’impresa richiosa e dall’esito incerto che richiede alta tecnologia e un manipolo di eroi.

Il primo problema è come arrivare in tempo sull’asteroide. C’è bisogno di un’astronave che raggiunga velocità mai pensate prima. A quel punto il professore si ricorda di un suo vecchio allievo che a suo tempo aveva teorizzato un razzo simile, ma era stato accolto con scetticismo dall’ambiente accademico. Alla fine, stufo di non riuscire mai a vincere un dottorato, si era trasferito negli Stati Uniti, dove in due mesi era diventato docente emerito del Massachusets Institute of Technology. Contattato, si dice disponibile ma dichiara che occorrerebbero dieci anni per sviluppare il progetto. “Di cosa ha bisogno per costruirla in due settimane?” chiede il Generale. “Di un miliardo di euro” risponde. “Li avrà”.
Il secondo inconveniente è trovare le testate atomiche. Dopo aver ricevuto il rifiuto dei Francesi, si decide di ricorrere agli Iraniani, sperando in uno sconto in nome della vecchia amicizia degli anni ’80, quando vendevamo loro mine antiuomo. Ma la cifra richiesta è comunque elevatissima: svariati miliardi.
Poi occorre trovare gli intrepidi che saliranno a bordo dell’astronave. Uno è il suo costruttore, per ovvi motivi. Il secondo è il Professore, per esigenze cinematografiche, benché, a differenza dei suoi omologhi palestrati dei film americani, lui sia un cinquantenne con la pancetta. Per ultimo c’è bisogno di una bellona, che si vorrebbe individuare in una ambiziosa pilotessa dell’Aeronautica, distintasi più volte all’Accademia. Ma alla fine prevale la linea del Generale, che ha una nipote dalle gambe di 2 metri con il sogno di sfondare nel mondo dello spettacolo.
Riempiti tutti i tasselli, viene sottoposto il piano al Governo, che a sua volta dovrà richiedere al Parlamento il finanziamento della missione.

E qui emergono le maggiori difficoltà. L’opposizione non sarebbe pregiudizialmente contraria all’idea di salvare l’Italia, però ha promesso ostracismo ad oltranza, e così il primo giorno di votazione presenta 6.789 emendamenti. Berlusconi dichiara che è ora che la sinistra la pianti di dire sempre che va tutto male e che addirittura rischiamo la distruzione completa; su Libero, Vittorio Feltri inveisce contro i bamba che abboccano a tutte le panzane raccontate dal Soviet Supremo; Paolo Guzzanti rivela che il piano proposto dal governo non è altro che la riedizione di un vecchio piano ideato da Cossutta nel ’54, con Berlino Ovest al posto dell’asteroide; Giuliano Ferrara, da par suo, ironizza sul fastidoso buonismo di voler salvare il mondo. Ma anche all’interno della maggioranza non tutti sono d’accordo. I Verdi si dicono scandalizzati all’idea che l’Italia si doti di armi nucleari, e promettono di boicottare un atto invasivo che provocherebbe scompiglio nell’equilibrio della natura. Viene presto lanciata l’iniziativa “Adotta un Asteroide” e migliaia di email chiedono di risparmiare l’esistenza del tenero corpo celeste. L’ala dura di Rifondazione, da parte sua, fa sapere che non darà mai il suo assenso all’ennesima azione di guerra mascherata da scopi umanitari, e propone di risolvere il problema dell’asteroide per vie diplomatiche. Vengono indette decine di manifestazioni con lo slogan “Bandiamo la Guerra dallo Spazio!” e al telegiornale Vittorio Agnoletto dichiara che se ci fosse giustizia sociale non ci sarebbero rischi di disastri cosmici. Sui giornali della sinistra, intanto, si dibatte ferocemente se sia lecito o meno utilizzare a proposito dell’asteroide il termine resistenza. In questo marasma i Radicali, indecisi su quale posizione assumere, nel dubbio indicono un grande sciopero della fame, senza specificare perché e con quali richieste; ma poco importa, visto che nessun quotidiano riporta la notizia, a parte un trafiletto su Molise Oggi.
Alla fine Prodi decide di ricorrere al consueto trucchetto della fiducia parlamentare. Il provvedimento, in questo modo, riesce a passare nel corso di una furiosa seduta al Senato durante la quale Renato Schifani si dà fuoco per protestare contro il Colpo di Stato comunista. Gli altri parlamentari, appena si accorgono del gesto sconsiderato, circondano il senatore e gettano sopra di lui tutto quello che trovano: fiammiferi, bottiglie di vino, qualunque cosa possa alimentare il fuoco.

E’ finalmente tutto pronto. I tre eroi sono in un hangar in attesa di salire sull’astronave che li porterà a salvare il loro Paese.
Pronti, partenza, via. Il missile sfreccia verso lo spazio, avanza veloce fra le nuvole, supera la ionosfera, la stratosfera e altri innumerevoli composti della parola -sfera, poi perde quota e si schianta su Milano, distruggendola. Poco male, è il 15 agosto e la città è deserta: non muore nessuno. Ma la missione è fallita.
Una rapida inchiesta accerterà che i soldi effettivamente erogati per la costruzione dell’astronave erano meno di un quinto di quelli stanziati dal governo. Il resto è finito nelle tasche di chissà chi. Il risultato è che le pareti esterne del razzo erano fatte di una sottile lamiera di alluminio per la conservazione dei cibi, volgarmente detto domopack; appena un poco più resistente dello sportello di una Panda, ma comunque insufficiente per andare nello spazio. Parte subito un’inchiesta nominata dai giornalisti Spaziopoli, e come al solito nessuno si prende la briga di spiegare che polis vuol dire città e non corruzione.
D’altra parte, nel corso dei primi interrogatori emerge che i calcoli del Professore erano totalmente sballati e, anche ammesso di raggiungere l’asteroide, le cariche nucleari non sarebbero state in grado di distruggerlo. Il professore, in realtà, era lo studente peggiore del suo corso, ma per motivi misteriosi aveva avuto a 23 anni una cattedra da ordinario di astrofisica.
La presenza di uno zio cardinale starebbe per chiarire meglio questo aspetto, ma il sopraggiungere dell’asteroide - di cui tutti, troppo presi dallo scandalo, si erano dimenticati - pone fine alle chiacchiere. L’impatto è apocalittico, e assieme a Roma viene completamente rasa al suolo l’intera penisola.
Del popolo italiano non resta così alcuna traccia, con sgomento e dolore del mondo intero, tranne i Francesi.

Titoli di coda.

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