mercoledì 5 marzo 2008

Le ricette di Allan Bay - 1


Gentilmente riceviamo dal noto critico gastronomico e volentieri pubblichiamo.

Coniglio in coccio

Ricetta molto rapida ma di grande impatto.
Il grande segreto del coniglio in coccio risiede nel coccio. Ora, le possibilità sono due. La prima, comprare una terrina, una coppa o una pentolina di terracotta in negozio; ma chi intende utilizzare i cocci industriali può anche chiudere il libro: i veri ghiottoni sono abituati a fabbricarselo da sé.
Non fatevi spaventare: confezionare un coccio non è un’operazione così complicata. Si può dedicare allo scopo una giornata uggiosa, a patto di aver programmato di mangiare coniglio quei 2-3 mesi prima.
Purtroppo diventa sempre più difficile trovare della buona argilla. Io, complice un fornitore di fiducia, sono abituato a farmela spedire dal Sudan; ma in mancanza di meglio va bene una comune argilla rossa, purché sia ricca di porfido quarzifero, che dà quel caratteristico sapore al piatto. Tagliate una striscia di argilla con il mattarello e lavoratela lentamente con le mani. Lasciatela riposare per 3 minuti e rilavoratela per verificarne la consistenza. Ripetete l’operazione più volte. Datele la forma di una coppa e lasciatela essiccare su una superficie di legno. Il tempo di essiccatura può variare a seconda del tipo di argilla e delle condizioni atmosferiche, ma visto che di solito le giornate uggiose sono anche un po’ umide consigliamo di aspettare tra le 12 e le 18 ore.

Nel frattempo ci si può dedicare al coniglio. Ora, si può scegliere se comprare un coniglio vivo già adulto o comprare un cucciolo e allevarlo da sé. Io consiglio la seconda soluzione; quanto a quelli che lo comprano già morto, si vergognino e chiedano scusa. Prendersi cura di un coniglio è in fondo un sacrificio da nulla, che rende il piatto inimitabile per sapore e crea quel legame affettivo indispensabile perché la carne non ossidi. Dopotutto, si può dedicare a ciò qualche giornata uggiosa. La regola fondamentale consiste nel nutrire l’animaletto esclusivamente con alimenti di origine vegetale e mai animale: ideale una dieta a base di erba, fieno e verdure. Il fieno è essenziale perché ricco di fibre masticando le quali il coniglio potrà limarsi i denti: risparmiarà in questo modo le gambe del vostro tavolo. Purtroppo la maggior parte dei tipi di fieno in commercio sono di prato polifita, cioè misture di erbe diverse, meno adatto di quello monofita. Io sono solito rifornirmi da un contadino di fiducia, ma esistono anche ditte americane che effettuano spedizioni per posta.

Un momento cruciale è l’uccisione del coniglio. Può sembrare complesso e cruento, ma con un po’ di esercizio potrete impratichirvi: consiglio all’uopo di sfruttare qualche giornata uggiosa. Negli allevamenti odierni si adopera una pistola a pressione, ma io preferisco utilizzare la tecnica tradizionale dei contadini: afferrate il roditore per la coda e con l’altra mano una chiave inglese da 14-16, con la quale assesterete un unico colpo secco sulla testa dell’animale, dandogli una morte repentina. Solo fate attenzione a utilizzare una chiave inglese di ceramica, per non ossidare il coniglio.

Resta soltanto da cuocere il coccio. Anche in questo caso è molto utile una giornata uggiosa, e questo è uno dei motivi per cui uno che vive a Lampedusa difficilmente diventerà un bravo cuoco. Assicuratevi che l’argilla sia perfettamente asciutta, quindi ponetela in un forno scavato nel sottosuolo, a una temperatura di 400-470°, per circa 4 ore.

Dopodiché sarete spossati e vi accorgerete che sono mesi che cucinate e mancano ancora 30 ore alla fine della ricetta, fuori c’è un tempo di merda e avete una fame bestiale. Consiglio a questo punto di alzare la cornetta e ordinare del pollo in agrodolce al take-away cinese.

Di solito in realtà è un cane al sugo, ma è buono uguale.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

non si scherza mai con le cose serie: la cottura nel coccio è una pratica antichissima originaria dei paesi spagnoli e andini. Io, ad esempio, benchè ancdino non sono, conservo un cuocipollo di coccio formidabile dove il pollo assume un sapore squisito che nemmeno quello preparato dall'illuminato Brillard de Savarin. E lo scorso anno ho scoperto (oh somma gioia) (e immediatamente comprato) delle cuoci uova inglesi fine 800... Son cose!!!!

Simo ha detto...

mamma questa é proprio una di quelle ricette che piacciono a me.
me medesima che sono un pó catastrofica chissá potrei rompere uno di questi gingilli di terracotta che c'ho in casa senza mai venir all'uso, e cosí mater distructivis fará da mangiare e spaccherá le cianfrusaglie.

ma davvero ascolti la fanfara ciocarlia?
io ringrazio il cielo di vivere a un primo ed ultimo piano, cosicché il vicino di sotto, quando la ascolto, mi tira i secchi d'acqua all'insú, peró si stanca presto perché si sbroffa tutto addosso.

Sto Zeni, non si chiamerá mica Cosino di cognome, no?
Le Rane invece son facili da cucinare: una bella infarinata, meglio nella tempura e poi nell'olio a friggere.
Anche se, per le decisioni delicate, si consiglia di leccarle vive, ma di non mangiarle.

Piacere di fare la sua conoscenza, Don Serpente.

byebye,
S

Zeni ha detto...

Eh, Megbr, ci avrei giurato che eri uno di quei maniaci della cucina... il guaio è che lo sto diventando anch'io, dopo decenni di riso in bianco.

Quanto a DR, ebbene sì, mi piacciono i Ciocarlia. Strano, eh? E ti consiglio Ada Milea, un genio.
Però con le rane non si scherza: passi per mangiare cani, cavalli e cavallette, ma le rane no, eh! Sennò lo spirito di Aristofane mi si incazza e poi me lo devo sorbire io...