Condividere: è l'ossessione dell'uomo contemporaneo.
Il cittadino 2.0 passa metà del suo tempo a trovare modi per mettere in comune la sua vita con milioni di conosciuti, semi-sconosciuti e (più che altro) sconosciuti. Gran parte del traffico in rete è occupato da liste di amici, foto di vacanze, dischi preferiti, citazioni preferite, tecniche di abigeato preferite.
Roba da ragazzini?
Un recente studio sociologico ha mostrato che la maggior parte degli utenti di Facebook ha tra i 30 e i 40 anni: chi si iscrive è, in media, un adulto fresco di adultità alla ricerca di compagni di scuola e vecchi amici persi per strada.
Be', il discorso fila.
Prendiamo un soggetto medio che chiameremo Filippo. Mettiamo che sia nato nella prima metà degli anni '70. Per i primi dieci anni di vita il massimo della tecnologia che ha toccato sono stati i mangiadischi arancioni e le etichettatrici a rotella. Poi, nei primi anni '80 sono arrivati i personal computer e Filippo ha iniziato a divertirsi con il Basic e i videogiochi a 320x200 pixel (tre colori). All'epoca condividere significava scambiarsi le musicassette coi programmi del Commodre 64; al massimo prestarsi qualche vinile.
Negli anni '90 sono avvenute due cose importanti: 1) Filippo si è diplomato ed è andato a vivere fuori casa; 2) ha cominciato a diffondersi internet.
Ma le due non sono avvenute proprio contemporaneamente: quando Filippo ha lasciato i compagni di scuola non si usava ancora l'email, e quando si è fatto il primo indirizzo hotmail non aveva più modo di avere il contatto degli amici perdutisi nella vita.
E qui arriviamo all'indomani del 2000. Filippo ormai è un cibernauta che consulta wikipedia anche per controllare che tempo fa fuori della sua finestra; ma gli amici che fine hanno fatto? Ecco che il web 2.0 gli viene in aiuto.
Il nostro si iscrive a Facebook e passa le ore a gingillarsi col motore di ricerca, mettendo quanti più nomi e cognomi riesce a recuperare dalla memoria. E li trova: guarda quello stronzo, come è invecchiato! Naaa, quello senza capelli! E lei, che era una cozza, eccola fotografata in abito da sera mentre si accompagna a un figone in smoking!
Insomma, un servizio di pubblica utilità al servizio di una precisa generazione.
Ma che succederà quando Filippo crescerà ulteriormente? Cambieranno le sue esigenze.
Ecco perché siamo qui a proporre un nuovo social network per gli anziani di domani. Naturalmente, non potrà essere realizzato prima di 30-40 anni, quando cioè i nostri filippo avranno passato i sessanta.
Il concetto guida è quello di ispirarsi a facebook adattandolo, però, alla differente condizione del cibernauta di terza età. Facebook non fa che tradurre in linguaggio telematico gli annuari del college con le foto degli studenti; noi intendiamo proporre la stessa operazione con gli annunci mortuari affissi per strada.
Ecco nascere Gravebook: condividi i tuoi amici defunti!
Iscriviti gratuitamente e potrai scoprire quanti e quali dei tuoi vecchi compagni di scuola sono andati beatamente al Creatore! Compila la tua lista di amichetti trapassati e mettila in condivisione col mondo intero! Una volta iscritto, potrai usufruire di un potente motore per effettuare le più precise ricerche per tipo di trapasso: tumore, infarto, incidente d'auto o moglie impazzita.
Gravebook ti permette di aprire e condividere il tuo mondo con gli altri. Prima che sia troppo tardi.
Che dite? Si potrebbe fare?
giovedì 30 ottobre 2008
La nuova frontiera del social network
giovedì 23 ottobre 2008
Continua l'arroganza delle Toghe Rosse: ora decidono pure i nomi dei vostri figli
E' successo a Genova. Una giovane coppia è stata costretta dalla Corte di Cassazione a cambiare il nome del figlio primogenito, appena battezzato Venerdì.
I giudici hanno spiegato che intendono imporsi per evitare che siano messi ai figli nomi ridicoli, tali da provocare umiliazioni e scherno. I due sposi hanno avuto un bel da ribattere che nessuno ha impedito a Totti di chiamare la figlia Chanel e alla Borromeo di mettere al mondo una Oceano.
Tutto inutile: il nome "Venerdì", hanno spiegato i giudici, è secondo loro «in grado di arrecare un grave nocumento alla persona che lo porta» per il richiamo al nome del compagno di sventura di Robinson Crusoe (il romanzo di Daniel Defoe), «figura umana caratterizzata dalla sudditanza e dalla inferiorità che non raggiungerebbe mai la condizione di uomo civilizzato».
Cacchio, tutto questo mi mette nei guai.
Quindi devo rinunciare all'idea di chiamare mio figlio Pappalardo?
mercoledì 15 ottobre 2008
Le figurine più brutte della storia
L’anno che volge al termine è stato il trentesimo anniversario dei Mondiali 1978.
In Argentina è fioccato un acceso dibattito su come guardare oggi a quell’evento sportivo. All’epoca infatti la giunta militare che aveva da poco preso il potere strumentalizzò a fondo la vittoria dei padroni di casa. Oggi ci si chiede: era giusto o meno giocare a calcio mentre centinaia di persone venivano torturate e uccise? E i calciatori dell’Argentina che hanno ricevuto la coppa dalle mani del presidente si possono considerare complici della dittatura?
Questioni amletiche. Io, che sono più frivolo, mi sono posto un altro problema: perché i Mondiali di Argentina 78 sono da considerare quelli a cui hanno partecipato i giocatori più brutti a memoria d'uomo?
Siete invitati a contribuire alla discussione: parteciperete all’estrazione del vhs “I migliori gol di Beniamino Vignola”.
giovedì 9 ottobre 2008
Associazioni di pensiero
Tempo fa è morto Paul Newman.
Le più sentite condoglianze. Ma perché quando ho sentito la notizia la prima cosa a cui ho pensato è stato questo video?
lunedì 6 ottobre 2008
La triste pensione di Varenne
Quando Varenne, il leggendario cavallo da corsa, si è ritirato (leggi: è stato ritirato) dall'attività agonistica, tra di noi sono fioccate a valanga le battutine, le strizzate d'occhio, i colpi di gomito. E già, perché si sapeva che il destino avrebbe atteso il quadrupede per una pensione da stallone. Vale a dire passare gli ultimi anni della sua esistenza a generare futuri (si spera) campioni come lui.
Una sorta di paradiso islamico? E invece no.
Tempo fa il Corriere della Sera, in vena di grandi scoop, si è preso la briga di mandare un inviato in Svezia a curiosare sulla vita del cavallo. E ha fatto una scoperta spiacevole.
Chi se lo aspettava adagiato su cuscini di Persia, mentre leggiadre puledre gli porgono il narghilè accarezzandogli la criniera, rimarrà deluso. La faccenda è molto più semplice: tre volte la settimana il nostro viene portato in un'arida stalla con le luci al neon, dove è incaricato di copulare con un attrezzo artificiale dalla vaga forma cavallina, fatto di lamiere rivestite di cuoio. Insomma, fare lo stallone non ha nulla in sé di affascinante: consiste nell'ingropparsi una specie di sagoma.
Il padrone gongola: a ogni cucciolo che nasce – ovviamente con l'inseminazione artificiale – incassa 15.000 euro.
Ma a sentire lui, neanche Varenne si lamenta. “Abbiamo anche il suo avversario storico, Viking Kronos,” ha detto “che ci fa dannare, si distrae, a volte s'impunta e non entra nel box, perché non gli piace ingravidare le sagome. Varenne, no”.
Contento lui...