Quando Varenne, il leggendario cavallo da corsa, si è ritirato (leggi: è stato ritirato) dall'attività agonistica, tra di noi sono fioccate a valanga le battutine, le strizzate d'occhio, i colpi di gomito. E già, perché si sapeva che il destino avrebbe atteso il quadrupede per una pensione da stallone. Vale a dire passare gli ultimi anni della sua esistenza a generare futuri (si spera) campioni come lui.
Una sorta di paradiso islamico? E invece no.
Tempo fa il Corriere della Sera, in vena di grandi scoop, si è preso la briga di mandare un inviato in Svezia a curiosare sulla vita del cavallo. E ha fatto una scoperta spiacevole.
Chi se lo aspettava adagiato su cuscini di Persia, mentre leggiadre puledre gli porgono il narghilè accarezzandogli la criniera, rimarrà deluso. La faccenda è molto più semplice: tre volte la settimana il nostro viene portato in un'arida stalla con le luci al neon, dove è incaricato di copulare con un attrezzo artificiale dalla vaga forma cavallina, fatto di lamiere rivestite di cuoio. Insomma, fare lo stallone non ha nulla in sé di affascinante: consiste nell'ingropparsi una specie di sagoma.
Il padrone gongola: a ogni cucciolo che nasce – ovviamente con l'inseminazione artificiale – incassa 15.000 euro.
Ma a sentire lui, neanche Varenne si lamenta. “Abbiamo anche il suo avversario storico, Viking Kronos,” ha detto “che ci fa dannare, si distrae, a volte s'impunta e non entra nel box, perché non gli piace ingravidare le sagome. Varenne, no”.
Contento lui...
lunedì 6 ottobre 2008
La triste pensione di Varenne
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1 commento:
piccino.. praticamente la stessa fine ingloriosa dei contratti swap a cedola variabile... ;-)
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