È cominciato tutto con il gorgonzola.
All’origine c’è infatti uno dei geni pubblicitari che fanno le campagne promozionali del formaggio verde che puzza. Già in passato questi professionisti si erano distinti per finezza, quando ci avevano propinato una nota soubrette dalla scollatura indescrivibile che leccava un asparago intinto nel gorgonzola suggerendo ai telespettatori di mangiarlo con le pere.
In seguito devono aver deciso di proseguire sulla stessa strada.
Me la immagino la scena. Riunione di copywriter in una sala sciccosa della periferia di Milano, in uno di quei torracchioni di vetro e cemento (come avrebbe detto Luciano Bianciardi). Il creativo di turno, appena tornato dal master in Svizzera ma abbronzato di lampada come se fosse stato alle isole Caiman, fa il punto della situazione.
- Il nostro target ha dimostrato di avere sentiment con la strategy per il nostro brand. Quindi propongo di implementare l’incoming secondo la nostra mission e la nostra vision. Per la prossima campagna il must rimarrà lo stesso.
- Cioè?
- La figa!
(pronunciato rigorosamente con la g)
E così nel nuovo carosello pubblicitario (pardon, nel nuovo spot), un elegante cameriere in un elegante ristorante, messo davanti a un’elegante gatta morta che ordina il gorgonzola, si lasciava scappare un’elegante espressione:
- Ottima scelta, bella topolona!
Il siparietto (come già l’innovativo gioco di parole con le pere) era opportunamente tagliuzzato e propinato al telespettatore ogni santa volta che iniziava e terminava l’interruzione pubblicitaria, fino a diventare un tormentone.
E qui entra in scena il topo.
Assieme al topo irrompono le aziende che producono suonerie per i cellulari. Sempre attente a quel che succede nel mondo (purché per comprenderlo non serva saper leggere) queste decidono di sfruttare l’onda di successo della topolona per una innovativa e rivoluzionaria animazione.
La scena me l’immagino diversamente, chissà perché ambientata a Roma. Studiolo triste dalle parti di Ponte Lungo, in un condominio di 20 piani sporco di smog che nemmeno nella Korea del Nord. Tre grafici (stagisti) davanti a tre pc ascoltano le istruzioni del principale, che ha il codino e una camicia hawaiana stile Marlon Brando.
- ‘Sta pubblicità der formaggio me sta a ddà n’idea. Perché nun pijamo ‘n topo e ce famo cantà ‘na canzoncina cor doppio senso?
- Che doppio senso? (dice lo stagista con un forte accento calabrese)
- Massì! ‘Na cosa tipo topo-topa. Piji ‘na canzone che tutti conoscono ma che nun costa troppo, ‘na cazzata di quelle che annavano alla radio 3-4 anni fa, ce cambi il testo, tu me disegni ‘n topo scemo cor cellulare an mano e così sfruttamo tutti ‘sti regazzini cor vecchio trucco.
- Che trucco?
- ‘A fica!
(rigorosamente con la c)
E così il telespettatore, già sufficientemente bombardato di messaggi a sfondo sessuale dall’ora del cappuccino all’ora della camomilla, si vede propinare un insopportabile topo che fa la serenata alla sua bella. Cantando una canzone che già in origine non spiccava per profondità di pensiero (con quella rima cuore-amore), ma adesso riattata aprendo nuovi strabilianti scenari per la poesia contemporanea: non ti lascio sola / bella topolona / mamma mia quanto sei bona.
E ora il topo che parla della topolona è ovunque. Ha invaso ogni mezzo di comunicazione, tv radio rete. Sbuca nei tuoi adsense quando meno te lo aspetti. Infanga il tuo sito con la sua inquietante carica naif. È dappertutto, non te ne puoi liberare, come e peggio di Bruno Vespa.
Tutto questo non può essere casuale.
In realtà ho elementi convincenti per pensare che alla base ci sia un complotto massonico.
Ma i dettagli magari un’altra volta. Per il momento ho troppa paura di parlare.
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